Harrison Ford è apparso in forma più che mai e, come ha ripetuto, “è
bastato indossare il cappello e prendere in mano il frustino e Indy è tornato”.
Nessun problema quindi nel vederlo ancora nei panni inquieti e scapestrati
dell’archeologo più famoso: a sessantasei anni la magia e il fascino del
personaggio restano inattaccabili. Come ha detto Steven Spielberg: “Indy
appartiene a tutti. E’ di tutto il mondo. Ne siamo solo i custodi: il nostro
compito era di dare un seguito a ciò che il personaggio rappresenta per tutti coloro
che sono cresciuti con lui, ma anche di presentarlo a chi non aveva avuto modo
di conoscerlo”.
Cannes era
tutta per Indiana Jones domenica 18 maggio: per la Croisette si aggiravano
sosia di Harrison Ford e uomini con il ‘costume’ di Indiana; il tema musicale
di John Williams risuonava un po’ ovunque, ossessivo; la facciata del Carlton
Hotel era trasformata dai poster giganteschi del film e dei suoi personaggi,
con un ingresso costruito come un tempio nella giungla. Anche i negozi, dalla
rue d’Antibes a quelle trasversali, proponevano oggetti ispirati alla saga:
locandine, DVD, libri, cappelli, fruste, foto di Harrison Ford.
Gli spintoni non si contavano, all’arrivo del cast, e le urla di gioia
erano impressionanti: perfino nel Palais, destinato agli addetti ai lavori, il
clima non era certo compassato. L’euforia, la ressa e le urla erano anche lì.
Spielberg, oltre che Peter Pan, si è rivelato quello che si è sempre
sospettato: un romanticone. E, in incontro stampa, lo ammette. “Sono un
romantico e amo l’idea della famiglia, nella vita e sul set”. Indiana
dichiarerà il suo amore a Marion, osservando una foto del padre (interpretato,
nell’ultimo episodio, da Sean Connery) dicendo: “Tutte le donne che ho
incontrato avevano un difetto: non erano te”.“Il messaggio del film vuole essere di speranza - continua Spielberg -
passando dal passato al presente, verso il futuro. La vicenda è ambientata nel
1957, all’epoca della guerra fredda, dell’odio nei confronti dei comunisti,
dell’incubo della bomba atomica che io ho vissuto da bambino, quando le
esplosioni nucleari erano il mio terrore. Anch’io ho avuto forti divergenze e
discussioni con mio padre e ci sono voluti anni per poter riallacciare un
dialogo con lui”.
“Il nostro quarto Indy è stato realizzato per accontentare il
pubblico”. Gli fa eco
Harrison Ford: “Non mi interessano i giudizi dei critici: lavoro per il
pubblico”.
E a chi osserva che nel film compaiono un po’ tutti i temi a lui cari, di altre sue pellicole,
risponde: “Non solo. C’è anche un certo agnosticismo di Indy, il mio gusto per
le avventure di film come la serie di 007
- a proposito, io amo Casino Royale – o di Jason Bourne. Avevo ancora i
capelli scuri quando negli anni Ottanta arrivai a Cannes per la prima volta,
con E.T. Ora sono un nonno ed è naturale che Indiana Jones, un mio alter ego,
esprima tante mie emozioni”.


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Full Immersion Indiana Jones
A poche ore dall'evento clou del Festival di Cannes, un bilancio e qualche curiosità su una giornata di delirio collettivo.

19.05.2008 - Autore: Marino Cattaneo