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Centochiodi

Quest'ultima fatica di Ermanno Olmi acquista fondamentale importanza in quanto ultima testimonianza del lavoro pluridecennale di un cineasta tanto rigoroso quanto coerente

Cento Chiodi

12.04.2007 - Autore: Adriano Ercolani
Un giovane professore di filosofia (Raz Degan) è ricercato per aver commesso un crimine piuttosto insolito: ha infatti inchiodato ai tavoli di una biblioteca alcuni vecchi e preziosi testi, su cui aveva formato la sua istruzione e al sua conoscenza. Fuggiasco, il professore trova riparo in un casolare sulle rive del Po, dove viene accolto dalla comunità rurale che lo aiuterà a scoprire meglio sé stesso ed a comprendere la forza della religione nel singolo individuo, lontano dalle intelaiature vuoti di qualsiasi dogma.

Dover esprimere un giudizio definitivo su “Centochiodi” è compito decisamente al di spora delle nostre possibilità: la coscienza che, per ammissione dello stesso Ermanno Olmi, questo è il suo ultimo lungometraggio – almeno di fiction – getta sulla pellicola una luce diversa, quasi impenetrabile. Sapere che un maestro del cinema italiano ha delegato questa sua ultima opera a porsi in un certo qual modo come “testamento” della sua poetica e della sua visione di cinema, rende estremamente delicato, se non impossibile, giudicare questo film con occhio distaccato.

Centochiodi” infatti, sotto molti punti di vista, può essere visto come radicalizzazione del discorso teorico ed ideologico che Olmi ha impostato fin dalle sue prime opere, permeate di un fortissimo spirito religioso ed insieme anche di una radicale interpretazione laicizzante di questa stessa religiosità. Anche se in maniera a tratti meccanica, e con alcune lungaggini di racconto che nuociono alla fluidità del racconto, questo discorso è il perno portante che si cela dietro la storia narrata; l’autore dimostra quindi ancora una volta una coerenza addirittura spiazzante, che n el corso degli anni e delle preziose opere si è andata esplicitando attraverso una forma filmica sempre più elegante nella sua stilizzazione. Nel caso di “Centochiodi” l’atmosfera di sospensione data dall’ambientazione padana, e la straordinaria resa fotografica ottenuta dal bravissimo figlio Fabio, regalano al film una fattura estetica di primissima qualità, a cui si accompagnano almeno un paio di scene dalla profondità emotiva e suggestiva davvero importanti.

Anche se qua e la imperfetta, quest’ultima fatica di Ermanno Olmi acquista fondamentale importanza in quanto ultima testimonianza del lavoro pluridecennale di un cineasta tanto rigoroso quanto coerente. Non poter più attendere un suo nuovo lungometraggio è una perdita, e non indifferente, per tutto il cinema italiano.