NOTIZIE

Attenti a quei due

Il Festival del Film di Roma è la cornice dell'attesissimo incontro tra Toni Servillo e Carlo Verdone, due interpeti di un cinema italiano apparentemente molto distanti.

Toni Servillo e Carlo Verdone

27.10.2008 - Autore: Ludovica Sanfelice
  L’occasione arriva con la sezione “L’altro cinema – Extra”. E sul palco della Sala Petrassi dell’Auditorium di Roma compaiono a braccetto Toni Servillo e Carlo Verdone. La strana coppia venuta a raccontarci gli aspetti complementari della tradizione attoriale italiana. Quella più segreta del teatro per Toni, rivelatosi al grande pubblico negli ultimi anni, e quella più popolare delle maschere di Carlo.

Entrambi pronti a mostrarsi stima reciproca attraverso una selezione di sequenze, in un intreccio di comicità che tocca le zone più profonde della disperazione e di dramma che rivela lampi di comicità. Toni insomma racconta il meglio di Carlo secondo lui e viceversa. Lo slalom ha inizio con la scena della lite tra Tiziana-Laura Morante e Gilberto-Verdone tratta da “L’amore è eterno finchè dura” che in Toni scatena quella “riconoscenza verso i grandi comici che liberano dalle tristezze del mondo attraverso battute non ideologiche”. Carlo risponde con “Sabato, domenica e lunedì”, commedia di Eduardo portata a teatro da Toni e ripresa da Paolo Sorrentino per la RAI. Esempio secondo lui di quanto un attore ottimo abbia bisogno di un ottimo partner, in questo caso Anna Bonaiuto di cui Toni dice: “a lei devo talmente tanto… Quando mi hanno proposto di interpretare un prete le ho chiesto se voleva fare la Madonna”.

E tocca proprio a Toni che pesca dal mazzo “C’era un cinese in coma”, “Grande, Grosso e Verdone”, “Manuale d’amore” e “Viaggi di nozze”. Mentre Carlo ha in serbo “L’uomo in più”, “La ragazza del lago”, “Gomorra” e “Il Divo”. Toni parla in modo autorevole e razionalissimo di Carlo e del mestiere, spiegando come l’attore è “lo scultore che si trova davanti a un blocco di granito ed elimina, sottrae fino a incontrare l’anima”. Carlo è più verace, rinuncia un po’ ai congiuntivi e sostiene che “Toni da quando ha perso i capelli è diventato un attore più elegante”, ma poi più seriamente affronta il temi dell’improvvisazione, del piano d’ascolto e della capacità d’osservazione. Il pubblico si spella le mani per il gigantesco monologo del divo Giulio e per l’emigrante sciagurato che torna a votare in “Bianco, Rosso e Verdone”.

Poi Carlo torna ai toni “malin-comici” e lancia un appello contro la pirateria e lo strapotere di tv, satelliti e quant’altro, non solo attraverso restrizioni ma anche per mezzo dell’educazione: “Il cinema dovrebbe esser riconosciuto come un’arte e insegnato a scuola. Senza una cultura il cinema rischia di morire, ma qui pensiamo alla divisione delle classi…”  Sono due maestri e rappresentano una tradizione viva che si esprime nei mille tic di uno e nei dettagli dell’altro e dispiace un po’ che non ci sia stato il tempo di capire se un giorno potrà accadere di vederli insieme sullo schermo.


   

 
FILM E PERSONE