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A Serious Man - la nostra recensione

In un festival come quello di Roma che ha certamente riservato più delusioni che sorprese, quella più amara arriva da "A Serious Man" di Joel ed Ethan Coen.

A Serious Man - Michael Stuhlbarg

23.10.2009 - Autore: Adriano Ercolani
Joel ed Ethan Coen, i “fratelli terribili” dell’establishment cinematografico americano, dopo un capolavoro di lucidità narrativa come “Non è un paese per vecchi” (No Country for Old Men, 2007) ed un divertissement raffinato come “Burn After Reading” (2008) si sono concessi un lungometraggio più piccolo, senza attori di grido, in modo da poter raccontare una storia per loro insolitamente personale, quella di un ebreo in crisi nella Minneapolis di fine anni ’60 (città natale dei Coen).

A serious man

Quando i Coen non lavorano con il proverbiale distacco che accomuna tutti i loro grandi capolavori, perdono evidentemente la lucidità necessaria nei confronti non tanto dei personaggi che mettono in scena, quanto delle storie che vogliono raccontare. Il cinema ritenuto da molti “freddo” di Joel ed Ethan Coen si basa sull’osservazione precisa di figure anche insensate, ma inserite in meccanismi narrativi strabilianti, che pur apparentemente assurdi contengono una loro coerenza e circolarità interne che li rendono perfetti congegni ad orologeria. Su queste sceneggiature i Coen poggiano poi una messa in scena di straordinaria potenza espressiva.

A serious man

In “A Serious Man” manca tutto ciò che abbiamo appena elencato qui sopra: la progressione narrativa del film è inesistente, scandita in maniera confusa ed arrabattata da un accumulo di scene alcune magari divertenti ma che messe insieme non sviluppano in alcun modo una storia. Questa fragilità strutturale comporta anche una discreta dose di banalità a livello di costruzione delle psicologie, delineate addirittura attraverso sotterfugi e “trucchetti del mestiere” come flashback illogici e sbiadite scene oniriche. Anche la regia dei Coen appare insolitamente trattenuta, l’immagine non è elegante come al solito, e viene in qualche modo sprecata anche la sempre grandiosa capacità di illuminazione del loro più fidato collaboratore, un direttore della fotografia di innato talento come Roger Deakins.

A serious man

A Serious Man” si conferma purtroppo come la prova evidente che tutti i cineasti, anche i più grandi, possono sbagliare un film. Joel ed Ethan Coen sono a nostro avviso coloro che più di tutti oggi nel panorama cinematografico internazionale definiscono con pienezza il concetto di “autore”. Questa volta però hanno totalmente fallito il bersaglio, cercando forse di realizzare un film più intimo e biografico. Per tornare subito ai livelli che gli competono, hanno probabilmente bisogno di riacquistare quello sguardo sulfureo ed impietoso che li ha resi i geni che sono e siamo sicuri continueranno ad essere.