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A Glimpse inside the mind of Charles Swan III

Recensione: Roman Coppola illumina il Concorso del Festival di Roma con una commedia agrodolce che ha davvero qualcosa di speciale

A glimpse inside the mind

15.11.2012 - Autore: Ludovica Sanfelice
Finisce che avresti voglia di buttarti sul divano di casa sua, accenderti una sigaretta, ascoltare le sue cazzate e ridacchiare bonariamente dei suoi disastrosi tentativi di impedire che il suo amore, quello che prova per la donna che lo ha piantato, debba necessariamente finire. Ma poi la amava questa donna? La odiava? Chi lo sa.

Potresti restare lì per giorni ad esplorare ogni angolo di questa perdita, a rivoltarla con capriccio e disperata allegria insieme a lui. Stando male e stando bene. Ha una casa bellissima infondo, accogliente, intima, una tana da scapolone chiaramente, piena di oggetti che disegnano una personalità narcisistica e inaffidabile, creativa, ricca di gusto, ricca e basta. Ma in modo creativo, solare e spassoso. Con un talento capace di generare visioni e catturare un'epoca.

Charlie Sheen A glimpse inside the mind of Charles Swan III

E poi c'è qualcosa di umano e dolce e amaro nel delirio ego-riferito ed eccentrico che non teme giudizi e lo spinge a sentire di essere l'unico che soffre davvero per amore e a ritenere che nessuno infondo conosca come lui la lacerazione che l'abbandono provoca. E' liberatorio nella sua innocua sconvenienza.
Charles Swan III, questo il guaio, è completamente assorto da se stesso, è ostaggio della sua mente  ipertrofica che produce fantasie megalomani a ritmi industriali, fantasie in cui lui appare come l'eroe salvatore, fantasie in cui ci si lascia pizzicando le corde di una chitarra e cantando una canzone di Jobim.
E fa tenerezza che anche la sua depressione abbia un fondo di luce e di ottimismo. Perchè è questa probabilmente una cronaca non convenzionale ma onesta della prospettiva maschile in tema di perdita. Quella più infantile e sgombra da altre responsabilità.

Con A Glimpse inside the mind of Charles Swan III, Roman Coppola porta al Festival di Roma un film "lounge" che svuota, rilassa e mette di buon umore, come un abbraccio fraterno. Pieno di una grazia indefinibile nel raccontare un trauma banale eppure sempre straordinario come la fine di un amore, appoggiandosi ad un personaggio e ad un attore che sono quasi la stessa cosa.

A glimpse inside the mind of Charles Swan III

Charlie Sheen è un amico e regalargli una catarsi fa sentire tutti migliori all'uscita dalla sala. A pensarci bene c'è anche qualcosa di epico e vanesio, un tocco alla Charlie Swan III, nella reunion di due cognomi come Coppola e Sheen nello stesso film. E c'è un gesto di amore, una carezza per la sorella Sofia nell'apparizione di Bill Murray e Stephen Dorff. C'è insomma un film personale che è familiare anche nei riferimenti estetici. E' difficile infatti sottrarsi ad un collegamento con i film stralunati e garbati di Wes Anderson, di cui Roman è sceneggiatore e di cui Jason Schwartzman è un attore feticcio; con 8 e 1/2 di Fellini che evidentemente è una fonte di ispirazione; e con qualche graffio bizzarro dei Coen, come l'omaggio più o meno esplicito al Grande Lebowski, molto vivo in quel white russian e in quella vestaglia.

L'ambientazione losangelina, in maniera originale e infondo simile a quella della sorella Sofia, è poi rappresentata con affetto insolito, senza macchia di cinismo.

La colonna sonora infine è una serie di scelte felici. A compimento di un'opera davvero speciale che illumina finalmente il Concorso.