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Melissa P.

Delude a volte imbarazza la trasposizione cinematografica di "Melissa P.". Un film con poca anima dove l'unica luce viene fuori dalla recitazione degli attori Maria Valverde, Geraldine Chaplin ed Elio Germano

Melissa P.

12.04.2007 - Autore: Adriano Ercolani
Regia di Luca Guadagnino;
con Maria Valverde, Fabrizia Sacchi, Primo Reggiani, Elio Germano, Geraldine Chaplin

La quindicenne Melissa (Maria Valverde) si trova in un periodo di confusione e di cambiamento: la scoperta della propria sessualità, l’istinto di ribellione nei confronti della madre  Daria (Fabrizia Sacchi) che non la comprende, il confronto spietato con un mondo adolescenziale che prima di tutto sembra ricercare il piacere invece dei sentimenti. Il disequilibrio che pervade la vita di Melissa ben presto la travolge: soprattutto l’amore non corrisposto per Daniele (Primo Reggiani) che la usa invece come puro oggetto sessuale spinge la ragazza ad un comportamento sempre più ambiguo, volto alla ricerca di sensazioni forti e soprattutto sostitutive dell’affetto che sente mancarle intorno. Trascinando se stessa in un vortice in cui sperimentare tutta la propria fisicità, Melissa verrà a contatto con una serie di personaggi più o meno ambigui che la porteranno a dover fare i conti con i suoi più intimi desideri.

Partiamo immediatamente con una precisazione: non abbiamo letto il tanto acclamato romanzo da cui è stato tratto il film, per cui non possiamo giudicare se il ”caso” letterario che è stato montato sia stato più o meno giustificato. Dobbiamo affermare però, dopo aver visto questa incomprensibile trasposizione cinematografica – da cui però l’autrice si è dissociata – che il sospetto di un sonoro “bluff” è più che legittimo. Guadagnino ha girato un film che non possiede la minima carica propositiva, e questo perché la confusione totale in cui galleggia l’intera operazione non permette alcun discorso. Il regista, tutto preso da un citazionismo “isterico” che non ha nulla a che fare con la materia che sta trattando, tenta di barcamenarsi sopra una sceneggiatura che delinea dei personaggi radicalmente incoerenti, o peggio ancora retorici. Nel film poi vi è un’incoerente mescolanza di stili visivi  (dovuti soprattutto a scenografie e costumi vagamente retrò) che inseriti in un’ambientazione mai precisa – non c’è un totale, un esterno che chiarisca dove la storia ha luogo – ad un certo punto arrivano ad irritare. In questo marasma era praticamente impossibile che i giovani attori potessero “riempire” la vacuità dei rispettivi ruoli con interpretazioni riuscite: ed ecco perciò sprecate le potenzialità di attori come Maria Valverde, Elio Germano, Claudio Santamaria (la cui unica scena sembra penosamente tagliata).

Insomma, questo “Melissa P.” sfiora in più occasioni il tragico appellativo di opera imbarazzante. Quello che sembra mancare, all’inizio dell’operazione, è la ricerca di un’omogeneità di fondo in cui inserire delle scelte drammatiche ed estetiche bel delineate; qui invece tutto ha il fastidioso sapore dell’improvvisato e del troppo pretenzioso, due aggettivi che accostati quando si parla di produzioni cinematografiche possono provocare disastri. Ed in questo caso lo hanno fatto…