Per proporre sul grande schermo l'ennesima versione del classico di William Shakespeare serviva un qualcosa che andasse oltre la mera accademia della messa in scena. Questa nuova versione diretta dall'italiano Carlo Carlei e sceneggiata dal premio Oscar Julian Fellowes - il creatore di Downton Abbey, tanto per intenderci - fallisce proprio in questo.
Oltre al fascino di essere stato girato in molta parte nei luoghi in cui il Bardo aveva immaginato la vicenda, per il resto il film non propone alcuna novità, al contrario si inabissa quasi subito (non) sorretto da un'idea di regia piatta. L'insistenza di alcuni ralenti a sottolineare i momenti emotivamente più forti, oppure il soffermarsi del montaggio sui primi piani degli attori per acuirne i sentimenti, sono mezzi che a livello narrativo non servono e si svelano invece come semplici artificiosità. Lo stesso vale per le musiche di Abel Korzeniowski, belle a tratti ma per la maggior parte del tempo ridondanti, soprattutto perché adoperate senza alcuna parsimonia. La confezione di questo Romeo and Juliet voluta da Carlei non sfrutta neppure al meglio un cast d'attori composto comunque da alcuni nomi di rilievo. Attori consumati come Stellan Skarsgård o Natascha McElhone, ad esempio, di certo non danno il meglio delle loro possibilità nei ruoli di contorno loro assegnati. Lo stesso si può dire per la star televisiva Damian Lewis (grandissimo in serie TV come Band of Brothers e Homeland), attore che evidentemente al cinema non riesce ancora a trovare dei personaggi in grado di restituirne la bravura. L'unico a regalare al pubblico un'interpretazione degna di nota è, come sempre, Paul Giamatti nei panni di Friar Laurence. E non lo scriviamo semplicemente a causa del debole che da sempre proviamo per questo grande caratterista. Giamatti è bravo, punto.
Per quanto riguarda i due giovani protagonisti, l'inglese Douglas Booth nei panni di Romeo è decisamente inespressivo, impossibilitato ad esprimere con veridicità la vita interiore del ruolo. Diverso è il discorso per Hailee Steinfeld: la sedicenne californiana dimostra di essere un'attrice ancora acerba, e non riesce ad eccellere in un film in cui non è evidentemente ben diretta (riguardatela ne Il Grinta dei fratelli Coen, tanto per intenderci.). Allo steso tempo anche nel ruolo di Juliet la ragazza dimostra di avere notevole presenza scenica e una bellezza non comune, più magnetica che esteticamente perfetta. Da lei ci aspettiamo un futuro cinematografico più che promettente.
A conti fatti questa co-produzione firmata Italia, Svizzera e Regno Unito si rivela una cocente delusione. L'opera immortale di Shakespeare non ne esce scalfita perché sotto la confezione soporifera la potenza del testo è comunque percepibile. Tutto il resto, o quasi, è cinema realizzato senza alcuna inventiva. Peccato.
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Romeo and Juliet - La nostra recensione
La messa in scena accademica non sminuisce la potenza di Shakespeare
11.11.2013 - Autore: Adriano Ercolani, da New York