Festival di Roma 2013
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Sorrow and Joy: amore e morte in Danimarca

A Roma il film sull’infanticidio, scioccante storia vera del regista Nils Malmros

Helle Fagralid, Nils Malmros, Jakob Cedergren

11.11.2013 - Autore: Marco Triolo
Si vociferava che sarebbe stato un po’ il film scandalo del Festival di Roma, e invece Sorrow and Joy è una storia vera che racconta come l’amore di una coppia possa superare ogni tragedia. Certo, essendo un film danese, c’è tutto il contorno del rapporto cupo, esplicito e a tratti morboso con la morte che contraddistingue le popolazioni del nord Europa.
 
Diretto da Nils Malmros, titano del cinema danese, Sorrow and Joy è anche il suo annunciato ultimo film. “Nemo omnia vincit”, ci dice nel corso del nostro incontro al Festival di Roma: “Questo sarà il mio ultimo film, sono arrivato alla fine di un percorso”. Un percorso fatto da una decina di opere autobiografiche, di cui questa fa parte: si narra infatti la storia, verissima, di come la moglie del regista abbia ucciso la loro figlia piccola a causa della sue sindrome bipolare, portata alle estreme conseguenze da una debilitante forma di insonnia. Ma si raccontano anche le sfide quotidiane di un regista attratto da una sua giovane attrice, e la scelta di lasciare alle spalle questo flirt per aiutare la moglie a recuperare. Senza mai incolparla di nulla: “Se non dormiste per dieci giorni anche voi diventereste psicotici. Mia moglie è una persona normale, non c’è cattiveria in lei e quindi non è mai stata una questione di perdono, perché non ha nessuna colpa. È stata più che altro una battaglia per riportarla alla vita normale”.
 
Malmros non nasconde una certa preoccupazione per il destino del suo film: “Non è ancora uscito in Danimarca e temiamo che la gente non voglia vederlo, che ne sia spaventata. In realtà ho raccontato la storia in maniera circolare, all’inizio la tragedia è già avvenuta e alla fine si vedono i minuti che la precedono. Ma non mostro mai quelle quattro ore in cui è accaduta la catastrofe”. 
 
“Mentre lo scrivevo – continua Malmros – e durante ogni singolo giorno di riprese, avevo un nodo alla gola o le lacrime agli occhi. Ma d’altra parte è accaduto trent’anni fa, per questo riesco ad affrontarlo”. Forse però trent’anni non sono abbastanza per raccontare con scioltezza in sceneggiatura, e sullo schermo, un evento così traumatico. È evidente che il film ha alcuni problemi di tenuta: per tre quarti è interessante e ci apre uno scorcio nelle psicologie dei protagonisti in maniera efficace. Cogliamo le loro idiosincrasie, le incompatibilità, gli screzi. Poi la storia latita, si perde, fino a una scena finale didascalica che nulla aggiunge a quanto già detto. L’altro grosso problema è che Malmros, forse per paura, forse perché troppo legato ai fatti, non è riuscito a comunicare il suo immenso amore per la moglie. Il suo alter ego (interpretato da Jakob Cedergren) sembra andare avanti per inerzia, più che per reale attaccamento alla compagna.
 
Il vero Malmros, invece, arriva a mostrarci le foto (vere) del suo matrimonio, e gira ogni risposta per parlare della moglie. Un amore forte e incondizionato, che ci ha commosso più di persona che in pellicola. “Nemo omnia vincit”. Resta comunque un’opera/testamento con qualche lato affascinante e un tentativo lodevole di mettersi totalmente in gioco, rivangando i brutti ricordi senza filtri.