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Mean Streets, Martin Scorsese svela a Cannes i segreti del suo primo film di gangster

Il regista torna sulla Croisette per riscoprire il crime movie del 1973, la prima collaborazione con Robert De Niro

10.05.2018 - Autore: Pierpaolo Festa, nostro inviato a Cannes
“Non rimedi ai tuoi peccati in chiesa. Li sconti per le strade. Li sconti a casa. Il resto sono stronzate, e lo sai.” Si apre con queste parole Mean Streets, terzo lungometraggio di Martin Scorsese che viene proiettato nuovamente sulla Croisette in occasione del Carrosse d'or, premio assegnato al regista dalla Srf (Société française des réalisateurs de film) nella serata inaugurale della Quinzaine des réalisateurs. Sullo schermo ritroviamo un Robert De Niro di appena trent'anni nei panni di Johnny Boy, testa calda di Little Italy inseguito dagli usurai a cui deve dei soldi, e protetto dall'amico Charlie interpretato da Harvey Keitel
 
"Quella di Mean Streets è ancora oggi la mia esperienza preferita vissuta a Cannes - confessa il regista davanti alla platea - E tutto questo per via di una parola: 'anonimato', uno status che all'epoca volevo cambiare. La Croisette non è mai stata così bella come quella volta: me ne andavo in giro tranquillo e incontravo registi come Wim Wenders e Werner Herzog, le superstar e i millantatori che mi promettevano di finanziare i miei film. Era un'epoca di scoperta di nuovi cineasti. Cannes è stata il trampolino internazionale di Mean Streets. Tutto è cominciato da lì". 

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IL CINEMA DI SCORSESE: CERCARE DI ESSERE GIUSTI ALL'INFERNO
Domenica in chiesa, lunedì all'inferno è il sottotitolo italiano di Mean Streets, ambientato in una New York decadente e alla quale mancano solo le fiamme. Scorsese ricorda: "All'epoca continuavo a pormi una domanda: come fa un ragazzo a condurre una vita moralmente giusta all'interno di un mondo cattivo?". Temi come l'amicizia tra uomini e la fratellanza sono un qualcosa tornano spesso nel cinema scorsesiano: "Mi sento a mio agio con questo materiale narrativo perché mi permette di esplorare a fondo i personaggi". Il regista parla della natura autobiografica di Mean Streets: "Mi è servito tanto tempo per capire perché avevo fatto Mean Streets: il film parla del posto in cui vivevo all'inizio degli anni Sessanta, ma parla anche del rapporto tra mio padre e mio zio, suo fratello minore che entrava e usciva di galera. Ho ricevuto tanto amore all'interno della mia famiglia, ma sentivo anche che c'era qualcosa di sbagliato. E alcune di queste persone sbagliate a volte erano brave persone. Ecco dunque la prima frase di Mean Streets: rimettere i nostri peccati non è un qualcosa che si fa solo in chiesa, ma si tratta della battaglia di una vita. Puoi riuscirci, ma anche non riuscirci".

Sono malvagi i personaggi del cinema di Scorsese, ma anche affascinanti. Esilaranti a tratti. Uno su tutti il Tommy di Joe Pesci in Quei bravi ragazzi: "A volte gli psicopatici e gli individui pericolosi sono anche affascinanti. E questo perché vogliono piacere. A volte sono totalmente buffi. C'è dunque una dimensione di commedia nei miei film, una cosa che rispecchia la natura tragicomica dell'esistenza". 

IL FILM PIÙ DIFFICILE: RE PER UNA NOTTE
Paradossalmente l'unico film di Scorsese che include la parola Comedy nel titolo - e cioè The King of Comedy uscito in Italia come Re per una notte - non viene considerato come una commedia dal suo autore: "Non volevo fare quel film, ma l'ho girato su richiesta di De Niro. Ha insistito tanto. E' stato un incubo realizzarlo perché vivevo un periodo molto buio della mia vita. Non arrivavo puntuale sul set, esitavo perfino a toccare la macchina da presa. Pensavo a quanto facevo aspettare Jerry Lewis e mi vergognavo di me stesso". 



SALVATO DAL CINEMA
"La mia è la tipica storia del ragazzino cresciuto in una famiglia working class. A casa mia non c'erano libri. Soffrivo d'asma e quindi non facevo molto, ma il cinema è stato il modo in cui mi sono aperto al mondo. Il cinema e la musica hanno accompagnato i drammi che vivevo in casa e nella strada. Ho iniziato a disegnarli i miei film, a immaginarli creando gli storyboard. Un metodo che ho seguito per tanti anni nella mia carriera: di solito prima di girare mi isolo per qualche settimana e preparo l'intero film. Lavori come Taxi Driver e Mean Streets sono stati concepiti in questo modo. A volte è il panico che mi guida: la paura di essere totalmente impreparato sul set". 

Ci sono film preparati in tutti i dettagli e poi ci sono anche momenti magici venuti dal nulla. Non è di certo un mistero che l'intera sequenza "Ma dici a me?" sul set di Taxi Driver sia stata improvvisata sul momento. "Non avevamo programmato nemmeno la scena 'Buffo come?' sul set di Quei bravi ragazzi - rivela Scorsese - Joe Pesci mi aveva detto che avrebbe fatto il film solo se lo avessi filmato mentre raccontava la sua storia. Non ho messo il dialogo nello script, sapevo solo come girarlo. Il resto lo ha fatto tutto Joe".


 
A volte il bisogno di mandare avanti gli attori e lasciarli liberi è una necessità. Come nel prossimo The Irishman che il regista protegge non rivelando quasi nulla: "abbiamo girato trecento scene per questo nuovo film. Ci sono tantissime location, non potevamo preparare tutto a priori. A volte devi lasciare che sia l'attore a rispondere al set e a iniziare". 
 
A 75 anni Scorsese è tanto regista quanto spettatore cinematografico: "Uno degli ultimi film che mi è piaciuto molto è stato Madre! di Darren Aronofsky. Io penso che sia una commedia. O meglio, un incubo di commedia. Dopo averlo visto io stesso ho avuto incubi su tante persone che mi invadevano la casa!".