NOTIZIE

Le conseguenze dell'amore

A pochi giorni dall'inizio del 57^ Festival di Cannes (12-23 maggio) abbiamo visto in anteprima assoluta "Le conseguenze dell'amore" secondo film di Paolo Sorrentino che sarà l'unica opera italiana in concorso a Cannes.

Le conseguenze dell'amore

12.04.2007 - Autore: Ludovica Rampoldi
Le conseguenze dell'amore Di Paolo Sorrentino Con Toni Servillo e Olivia Magnani   "La cosa peggiore che può capitare a un uomo che trascorre molto tempo da solo è quella di non avere immaginazione." Inizia così "Le conseguenze dell'amore", secondo film di Paolo Sorrentino che si ritrova a essere l'unico italiano in concorso a Cannes. Trentaquattro anni ancora da compiere, una laurea in Economia abbandonata per il cinema, un ottimo esordio con "L'uomo in più", presentato a Venezia nel 2001. E adesso il salto con un film che, come sostiene Pupi Avati, "ha colpito al cuore i francesi", e che, a discapito del titolo, parla di mafia, di soldi, solitudine, Svizzera, eroina e criminalità organizzata. Protagonista assoluto è Toni Servillo nei panni di Titta di Girolamo, un uomo dai segreti inconfessabili che da otto anni vive in un albergo a Chiasso, anonima cittadina nella Svizzera italiana. Un uomo solitario che parla poco, fuma molto, che di notte non dorme e di giorno annota i progetti per il futuro su un block notes. La sua vita in albergo è tutta qui, apparentemente: risolvere i problemi degli scacchi della Settimana Enigmistica, giocare una partita ad asso pigliatutto con una coppia di anziani (Angela Goodwin e Raffaele Pisu), telefonare alla moglie che non vede da anni. E dal tavolo riservato guardare Sofia (Olivia Magnani), la barista dell'albergo, senza essere visti. Ogni tanto ricevere una valigia, e trasportarla in banca. Poi, lentamente, i segreti di Titta vengono fuori, costringendolo a uscire dalla sua vita di reclusione per crearsene una vera, o tentare di farlo. Coprodotto da Fandango e Indigo Film, girato fra Napoli, Treviso e la Svizzera, "Le conseguenze dell'amore" è un noir d'autore dove i mafiosi cantano Ornella Vanoni e vanno in giro in tute acetate, un affresco sulla solitudine, una riflessione sui rapporti umani. Ma è soprattutto un film bellissimo che ti entra dentro piano piano, con un andamento avvolgente, dove la qualità della scrittura è pari all'eleganza della regia. Inquadrature raffinate, piani sequenza da otto minuti, dialoghi che tolgono il respiro, e un personaggio, quello di Titta, che Toni Servillo (già magistrale nei panni di Tony Pisapia ne "L'uomo in più") rende imponente.