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Ettore Scola: “Non dite che sono tornato”

Nessun rimpianto. Solo nostalgia per l'amico di sempre, Federico Fellini. Il maestro si racconta

07.09.2013 - Autore: Pierpaolo Festa, da Venezia
Qui la recensione di Che strano chiamarsi Federico!

“Sentimenti come la malinconia o il rimorso non mi appartengono. Però mi mancano le persone: autori come Pasolini, Orson Welles, De Sica. Artisti che è difficile sostituire. Soprattutto mi manca Fellini. Tutte le volte che un suo film stava per arrivare nelle sale, sentivi l'attesa. E sapevi che la nostra vita sarebbe cambiata. Questo mi manca più di tutto”. Ettore Scola cammina a passo lento per le strade del Lido, dominandole come un vecchio Leone. Ipnotico verso le persone che non smettono di tenerlo d'occhio e allo stesso tempo si allontanano in soggezione. C'è perfino chi lo scambia per un altro maestro: "Chi è?" chiede una turista. Risposta di una passante: "Sarà Monicelli...".

Restio a rilasciare interviste, Scola pesa bene ogni parola quando lo incontriamo per parlare di Che strano chiamarsi Federico! - Scola racconta Fellini, quello che lui non definisce mai "film".

Maestro, qualche anno fa aveva detto di aver lasciato il cinema. Adesso vediamo a Venezia il suo nuovo film. Cosa è cambiato?
Non ho cambiato idea. Sono sempre deciso a non fare più cinema. Questo però non vuol dire che debba smettere di pensare, commuovermi, avere degli amici o avere dei ricordi. Non considero “Che strano chiamarsi Federico” uno dei miei film, piuttosto scrittura, pensiero e ricordi condensati in forma cinematografica. Penso che sia un “souvenir”.

Questo suo ultimo lavoro racconta un'epoca in cui le buone idee venivano ancora accolte. Un periodo di grande creatività. Quaranta anni dopo anche il cinema è in crisi...
Perché il cinema è legato sempre alla realtà del suo tempo. E' normale la settima arte cambi negli anni: viviamo un periodo di crisi internazionale, quindi anche il cinema deve essere in crisi. Se non lo fosse, sarebbe bizzarro. Sarebbe una specie di operazione mafiosa. Oggi non è un periodo fertile per nessuna forma d'arte. Piuttosto è un periodo di studi e riflessione. Detto questo, anche il cinema aiuterà a far passare questo periodo.

Quanto Fellini è stato imitato nel corso degli anni?
Chiunque lo abbia fatto ci ha lasciato le penne. E' successo perfino a Woody Allen. Fellini è irripetibile: anche per questo credo che i giovani registi stiano ben attenti a non imitarlo. Però ci sono degli influssi: La grande bellezza di Paolo Sorrentino, ad esempio, si ispira sicuramente alla stessa voglia di capire una città e una società. Proprio come il cinema di Fellini.

Quanto secondo lei i giovani di oggi possono trovare spazio nell'arte proprio come voi giovani dell'epoca?
Credo che abbiano molte più occasioni di noi. Più possibilità e strade. Tutte le strade vengono aperte dalla tecnologia: le conquiste dell'uomo sono andate avanti non di cinquanta anni, ma di cinque secoli. Le difficoltà finanziarie ci saranno sempre, ma ci sono più possibilità che sicuramente i giovani sapranno sfruttare.

Che strano chiamarsi Federico, in uscita il 12 settembre, è distribuito da BIM.

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