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Dallas Buyers Club - La nostra recensione

McConaughey prenota l'Oscar nel ruolo di un improbabile attivista contro l'AIDS

Dallas Buyer Club da Toronto<br>

31.01.2014 - Autore: Mattia Pasquini
"Non sono illegali, non sono solo state ancora approvate". In questa frase, presente sin dal trailer del film Dallas Buyers Club, sta una delle anime di questo sorprendente film. Il regista canadese Jean-Marc Vallée, mai troppo convincente o celebrato fino ad oggi, trova nella storia vera del bull rider texano Ron Woodroof - inconsapevole e simbolico paladino dei diritti dei malati di AIDS - la chiave per uscire dalle nebbie dello star system.

E la chiave, oltre che in una storia potente e ricca in sé, sta nelle interpretazioni incredibili dei protagonisti scelti, Jared Leto, nei panni di un travestito sieropositivo ironico e tormentato, ma soprattutto Matthew McConaughey, che da Killer Joe di William Friedkin e in attesa di The Wolf of Wall Street di Martin Scorsese (la cui scena nel trailer ha gia' infiammato molti) continua a dare dimostrazioni tali di talento e abilità nello scegliersi i ruoli che non saremmo sorpresi di trovarlo tra i favoriti alla statuetta dorata il prossimo 2 marzo.


Leggete del nostro incontro con Matthew McConaughey a Roma.

Sottolineata da una circolarità narrativa - da molti fraintesa - la conquista della speranza, per sé e per tanti altri, del protagonista passa attraverso situazioni che ce lo caratterizzano sempre più, sfogliando e mettendo a nudo livelli (anche interpretativi) che non ci si aspetterebbe assistendo alla scena di apertura, tutta sesso e dissolutezza. Ma il film cambia subito, portandoci direttamente negli anni '80, nel pieno del boom mediatico (con annessa paranoia e discriminazioni varie) relativo alla Sindrome da Immunodeficienza Acquisita, e soprattutto mettendo a nudo - una volta di più, nel recente cinema statunitense ossessionato dal tema sanità a stelle e strisce (si consiglia a tutti la visione di Sicko di Michael Mann) - gli interessi delle industrie farmaceutiche e delle istituzioni ad esse connesse.

Assistiamo, quindi, a una lunga odissea. Una lotta senza quartiere e senza esclusione di colpi (e di travestimenti) contro la Food and Drug Administration americana, per conquistare il diritto alla libertà di cura, nella quale Woodroof-McConaughey ruba tempo alla morte e si trasforma davanti ai nostri occhi, e non solo fisicamente (con un dimagrimento che fa concorrenza a quello dell'Uomo senza sonno). Ridotto a nervi e disposto a caricare a testa bassa, come i tori con i quali ha vissuto tutta la vita; indomito e irriducibile, il nostro "eroe per caso" cambia; si adegua, come si suppone faccia un virus, e inizia a scoprire un mondo che aveva sempre osteggiato, e a capirlo, quanto meno ad accettarlo. E, attraverso la propria malattia, passa dalle iniziali intenzioni di sfruttamento imprenditoriale a una battaglia libertaria che lo vede sempre più convinto, e sorpreso di sé.


Top Five: riscoprire Matthew McConaughey.

La scansione temporale, dai 30 giorni di vita promessi inizialmente alle centinaia (che non vi riveliamo, ma sarebbero facilmente reperibili con un minimo di ricerca) raccolti alla fine, dà un ritmo particolare al film, lasciandolo libero di alternare intrattenimento, emozione (senza sentimentalismi o indulgenze patetiche) e informazione - rendendosi anche fastidioso a tratti, oltre che duro e divertente - forte dell'aderenza a una realtà eccezionale. E soprattutto, lo ribadiamo, della intepretazione davvero maiuscola di McConaughey, capace di trascinare la storia anche dove la sceneggiatura sembra rallentare.


Dallas Buyers Club è distribuito da Good Films.

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