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Trust, la recensione della serie di Danny Boyle sul rapimento Getty

Arriva la prima puntata della prima stagione di Trust, incentrata sul gelido ma umano John Paul Getty di Donald Sutherland e sul suo rapporto con il nipote

Donald Sutherland

26.03.2018 - Autore: Marco Triolo (Nexta)
Esce a pochi mesi da Tutti i soldi del mondo di Ridley Scott la prima puntata della serie TV su Getty prodotta da Danny Boyle. Trust riprende gli stessi eventi del film, il rapimento di John Paul Getty III, ma già dal primo episodio, diretto da Boyle, si intuisce come l'intenzione sia approfondire ogni aspetto della “casata” Getty, perché teoricamente la serie andrà avanti oltre gli eventi del film.
 
Da un lato, dunque, Boyle e lo sceneggiatore Simon Beaufoy (The Millionaire, 127 ore) seguono da vicino il John Paul Getty di Donald Sutherland, raccontando l'universo chiuso della sua villa inglese dove passa le giornate immerso in una corte servile, che include un vero e proprio harem. Dall'altro sviluppano il cast di comprimari, concentrandosi principalmente sulle donne di Getty, il nipote che verrà rapito (Harris Dickinson) e suo padre John Paul Jr. (Michael Esper).

QUI IL TRAILER DI TRUST.
 
È dunque una puntata introduttiva questa, anche se di interessante, rispetto al film di Scott, c'è il rapporto che si viene a creare tra il vecchio Getty e il nipote. Che fa irruzione nel mezzo del funerale di suo zio, vestito da hippie e assolutamente fuori posto, ma che arriva a guadagnarsi la simpatia e la stima del nonno quando dimostra di amare l'arte e le antichità. Questo legame era assente nel (necessariamente più sintetico) film di Scott, e costituisce l'arco narrativo principale dell'episodio. Alla dissoluzione di questo legame seguirà il rapimento, qui raccontato in una scena volutamente ambigua. John Paul III si sta arrendendo ai rapitori? Oppure lui stesso ha orchestrato il rapimento? Certo, come tesi va contro ai fatti e la risposta al quesito pende verso la prima soluzione. Ma è comunque un dubbio intrigante.
 
Sutherland domina la scena ed è ancora il maestro della recitazione gelida, anche se qui Getty dimostra più di un lato umano. Soprattutto quando fallisce a letto con le sue concubine o si emoziona nel vedersi specchiato nel giovane nipote, l'erede che non pensava di avere. Ma la vera qualità di questo primo capitolo, certamente scorrevole seppure un po' di maniera, è la confezione estetica. Più che l'episodio di una serie TV, sembra un film vero e proprio, e Boyle usa tutta la sua esperienza e le armi della regia cinematografica per raccontare questa storia di mancanza di fiducia, taccagneria e rapporti umani congelati come i conti di Getty.
 
La grossa differenza rispetto al cinema e a Tutti i soldi del mondo sta nella diversa sintesi richiesta al cinema. Il film di Scott procedeva a tesi, mostrava Getty isolato da tutti nel mezzo della sua ragnatela finanziaria. Circondato da gente eppure solo. Trust, invece, mira a umanizzarlo, ne esplora i vezzi, gli avari sorrisi, le labili connessioni con chi lo circonda (nelle quali cercare altri sprazzi di umanità sopita). Mira cioè a farne uno dei protagonisti a tutto tondo di una saga famigliare collettiva, piuttosto che un simbolo. È necessario, anche se questo fa perdere alla parabola di quest'uomo avaro e freddo l'immediatezza del film di Ridley Scott. Ma in TV l'immediatezza conta meno della serialità e, da questo punto di vista, la missione di Trust di agganciare il pubblico all'amo sembra compiuta.

Trust debutterà in Italia su Sky Atlantic il 28 marzo.
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