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La recensione di Benedetta follia: l'ultima carezza di Carlo Verdone 

Il regista romano scava nel proprio passato per costruire un presente consolatorio, e divertente.

10.01.2018 - Autore: Mattia Pasquini (Nexta)
Qualcuno potrebbe offendersi, ma il consiglio migliore che si possa dare agli spettatori è sicuramente di non guardare il poster di Benedetta follia. Il nuovo film di Carlo Verdone - per fortuna, sua e nostra - è molto altro, e molto di più di un uomo di mezza età in crisi e di una suorina sexy (la Ilenia Pastorelli di Lo chiamavano Jeeg Robot) scosciata e ammiccante. È una commedia leggera e divertente, nella quale il regista romano torna a rispolverare alcuni suoi cavalli di battaglia, ma con più discrezione di altre volte, con più oculatezza e tutto sommato con successo.



Con il suo solito garbo, Verdone ha tenuto a spiegare di aver voluto parlare semplicemente di "persone in difficoltà, con leggerezza" e di voler dare una carezza alla sua Roma, mostrata "senza magagne" e troppo spesso attaccata strumentalmente senza l'obiettività o l'indulgenza riservata ad altre realtà più in voga. E questa "pacatezza" si riflette anche nel personaggio di Guglielmo, figlio 'd'arte' alla guida di uno storico negozio di paramenti sacri (il Ghezzi di Via dei Cestari, dietro al Pantheon), appena lasciato dalla moglie scappata con la sua stessa commessa, e 'costretto' ad adeguarsi ai tempi cercando l'anima gemella sulla app LovIt con l'aiuto della travolgente 'pigmaliona' Luna.

[IL TRAILER DI BENEDETTA FOLLIA: CARLO VERDONE ALLA RISCOPERTA DI SE STESSO]

"Non chiamatemi Maestro", ripete il romano, senza falsa modestia, ma coerentemente con l'approccio che si rivela l'arma in più del film. A differenza di altre sue storie, più o meno recenti, infatti, il tono è meno caricaturale - per quanto le macchiette e gli stereotipi non manchino - e il protagonista più defilato del solito. Intendiamoci, c'è sempre lui al centro di imbarazzanti equivoci, coraggiosi scontri con burberi maneschi e impacciati approcci con femminoni infoiati, ma questo 'dovuto' obolo al Verdone che fu (evidente nella citazione dell'Oscar Pettinari di Troppo forte, del Sergio Benvenuti di Borotalco o dell'Enzo dell'esordio) non soffoca né condiziona lo svolgimento della vicenda.



Merito sicuramente degli sceneggiatori Nicola Guaglianone e Menotti (anche loro nel citato Jeeg Robot e cauti nell'affrontare la "difficoltà di trovare qualcosa che Carlo non avesse già fatto"), ma soprattutto delle tante figure femminili presenti, dalla suddetta Pastorelli alla meno credibile ex moglie Lucrezia Lante della Rovere, dalla Raffaella di Paola Minaccioni alla radiosa Maria Pia Calzone (ben lontana dalla Donna Imma di Gomorra). Sono loro a benedire quella che con grande difficoltà potremmo definire una 'follia', e che potrebbe sancire un proficuo nuovo corso, misurato e meglio calibrato, del regista romano, tanto desideroso di una 'vita nova' - quanto il suo personaggio - e meno ossessionato dalla costruzione comica a tutti i costi al punto da mostrare una apprezzabile e fruttuosa devozione alle situazioni raccontate.


Benedetta follia, in sala dall'11 gennaio 2018, è distribuito da Filmauro