Suspiria

suspiria-locandina1.jpg

Germania anni ‘70. Una ballerina americana si iscrive alla Tanz Akademie per seguire i suoi prestigiosi corsi di danza, ma, quando inizieranno a scomparire alcune ragazze, scoprirà che l’istituto, fondato da una potente e malvagia strega, la Mater Suspiriorum, è una copertura per lo studio delle scienze occulte.In Concorso alla 75° Mostra del Cinema di Venezia.

VALUTAZIONE FILM.IT
TITOLO ORIGINALE
Suspiria
GENERE
NAZIONE
Italia
REGIA
CAST
DISTRIBUZIONE
Videa
DURATA
152 min.
USCITA CINEMA
01/01/2019
ANNO DI DISTRIBUZIONE
2018
di Marco Triolo

Alcuni direbbero che ci sono due tipi di remake. Quelli che hanno invaso le sale negli ultimi anni, nati più dall'esigenza commerciale di sfruttare un brand noto senza rischiare in progetti originali. E quelli che nascono invece dalla precisa volontà di un autore di rendere omaggio a un autore o un'opera per lui importanti.
 
Ma è una visione troppo semplicistica. Perché se è vero che esistono sia film come il remake di Nightmare e La cosa di John Carpenter a rappresentare nettamente le due categorie di cui sopra, ci sono progetti nati con scopi commerciali che, presi in mano dal talento giusto, possono diventare altro.
 
È il caso di Suspiria, remake del capolavoro di Dario Argento diretto da Luca Guadagnino. Inizialmente, Guadagnino avrebbe dovuto solamente produrre un film diretto da David Gordon Green (ora alle prese con il sequel di un altro classico, Halloween). Ma poi prese in carico il progetto, annunciandolo, tra l'altro, tre anni fa proprio a Venezia.
 
Suspiria di Guadagnino non è un remake in senso stretto. Il plot è quasi totalmente diverso e dell'originale mantiene solo i nomi delle protagoniste e dell'accademia di danza in cui si svolge. L'ambientazione è spostata di luogo (a Berlino Ovest invece che a Friburgo), ma non nel tempo: anche qui siamo nel 1977, ma ovviamente a Guadagnino interessa questo dettaglio molto di più. L'accademia Tanz è di fronte al muro di Berlino, la banda Baader-Meinhof impazza nell'Autunno tedesco (settebre-ottobre 1977) e le violenze, fuori dall'accademia, sono all'ordine del giorno. Le violenze che si svolgono dentro sono ancora più sinistre, ma vengono tenute segrete alle studentesse.
 
Sono due le cose che interessano di più a Guadagnino. Da un lato, appunto, questo parallelo tra le atrocità compiute dalle streghe e la più ampia situazione socio-politica tedesca. La violenza permea la società umana, il Male si annida ovunque e ha diverse declinazioni (e non a caso si parla molto del passato nazista della Germania). Una sorta di osmosi: le streghe della Tanz si nutrono dei tumulti berlinesi, o magari sono loro stesse a generarli. La seconda cosa è la maternità, un tema che qui diventa molto più importante rispetto al film di Argento. Si insiste parecchio sulla mitologia delle “Tre Madri”, e il film si apre con un quadretto ricamato a maglia che annuncia come la madre sia “insostituibile” in seno alla famiglia.
 
Visivamente, Guadagnino evita quasi del tutto i riferimenti all'originale, preferendo una palette di colori desaturati ai colori primari di Argento. Fa inoltre ampio uso di specchi e relativi riflessi, e utilizza con abilità gli elementi architettonici e scenografici. Ad esempio, la presenza del muro di Berlino fuori dal portone dell'accademia fa da tappeto al film, evocando un'atmosfera di opprimente disagio. Ma trova anche un parallelo nella divisione interna della congrega delle streghe, che tanto è centrale al plot.
 
È chiaro dunque come Suspiria non sia un film da liquidare come si fa con tanti remake. È un'opera complessa e affascinante, in cui il mood sostituisce la paura vera, e che sa tenere alta la tensione e ingaggiare lo spettatore per due ore e mezza, senza sosta. Parte del merito va certamente a Tilda Swinton (in più ruoli), Dakota JohnsonMia Goth e il resto del cast. Ma è la messa in scena, più della recitazione o della scrittura, a contare qui.
 
Nel finale, Guadagnino perde leggermente quel controllo assoluto che aveva mantenuto fino a quel punto, barattando le suggestioni con un roboante spargimento di sangue ed effetti visivi (pratici). Sfiorando un po' il ridicolo. Ma i minuti conclusivi ci ripagano: Suspiria 2018 va a parare in una direzione completamente diversa rispetto a Suspiria 1977, una che non viene battuta spesso nel cinema horror e che ha il sapore di una ventata di aria fresca, rivelandosi un appassionante gioco di scatole cinesi. Di più, francamente, non era lecito chiedere.