Il figlio di Saul

Il figlio di Saul

1944. Saul Auslander, prigioniero ungherese di Auschwitz, è costretto a lavorare in uno dei forni crematori. Un giorno trova il cadavere di un ragazzo che crede essere suo figlio e decide di salvarlo dalle fiamme e trovare un rabbino per seppellirlo. Per farlo dovrà mettersi contro i suoi stessi compagni, intenti a organizzare una rivolta.

VALUTAZIONE FILM.IT
TITOLO ORIGINALE
Saul fia
GENERE
NAZIONE
Magyarország
REGIA
CAST
DISTRIBUZIONE
Teodora Film
DURATA
107 min.
USCITA CINEMA
21/01/2016
ANNO DI DISTRIBUZIONE
2015
Correre. Per non andare da nessuna parte. Rinchiusi nel classico labirinto, come cavie in attesa di un esito ineluttabile. Ma questa volta il racconto dell'Olocausto e dei suoi orrori ha un taglio diverso, e non solo per il formato o l'estetica scelti da LÁszlÓ Neme per il suo Il figlio di Saul. Dopo la proiezione cannense - che gli È valsa meritatamente il Grand Prix Speciale della Giuria - ha continuato a viaggiare attraverso il mondo… Dai festival di Odessa, Sarajevo, Telluride, Toronto, New York, Londra quello che oggi arriva nelle sale italiane È un film per il quale si puÒ senza problemi spendere l'aggettivo di incredibile, mai visto…

Forse perchÉ, 'semplicemente', nessuno ci ha mai fatto vivere quei momenti in questo modo: senza respiro. L'aria manca sin dalle prime immagini, chiuse in una cornice alla quale non siamo abituati, un 4:3 mai cosÌ opprimente. E nella presa di coscienza che la ripresa forsennata delle attivitÀ del protagonista - che seguiamo con un piano sequenza continuato - non avrÀ termine, in una compenetrazione totale con la sua condizione.
 
Saul Ausländer È un prigioniero ungherese, membro del Sonderkommando, e in quanto tale scelto dai nazisti per fare il classico 'lavoro sporco' (come se ce ne fosse uno pulito) necessario al funzionamento delle famigerate docce dei campi di concentramento. Suo il compito di rassicurare i condannati a morte, accompagnandoli negli spogliatoi, raccogliendone i beni personali, smaltendone i cadaveri in una ripetizione incessante che quasi smette di essere Orrore nel suo farsi routine.

Ma quell'orrore si intuisce - evidente come se non ci fossero muri a separarci - dietro le porte che si chiudono, nello stridente scorrere della vita intorno, impossibile da fermare. A meno di non subire un improvviso corto circuito, come accade al nostro 'eroe', scioccato dall'uccisione di un ragazzo nel quale gli sembra (o sceglie?) di riconoscere il proprio figlio decidendo di dargli degna sepoltura. Un lusso in una realtÀ tanto disumana. Una occasione di recuperare un briciolo di umanitÀ anche a discapito dello spirito di corpo o della solidarietÀ tra prigionieri e dell'instinto di sopravvivenza. GiÀ di suo come annullato dalla disperazione.

L'epopea, e l'esodo, che ne scaturiscono hanno una forte carica simbolica che trascende la ricerca della libertÀ. Soprattutto considerato che la narrazione di questa 'giornata particolare' non accenna a perdere drammaticitÀ nel suo incedere, anzi. Tanto da rendere amaro lo stesso finale, affidandolo alla necessitÀ dello spettatore di conciliarsi con una vicenda tanto dura e realistica, pur nella sua accurata e (tecnicamente) articolata costruzione. Eccezionale debutto per un regista che non vediamo l'ora di rivedere…

Mattia Pasquini