La douleur

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Nella Francia del 1944 occupata dai nazisti, Marguerite, una giovane scrittrice di talento, è un attivo membro della Resistenza insieme a suo marito, Robert Antelme. Quando Robert viene deportato dalla Gestapo, Marguerite intraprende una lotta disperata per salvarlo. Instaura una pericolosa relazione con Rabier, uno dei collaboratori locali del Governo di Vichy, e rischia la vita pur di liberare Robert, facendo imprevedibili incontri in tutta Parigi, come in una sorta di gioco al gatto e al topo. Lui vuole veramente aiutarla? O sta solo cercando di cavarle informazioni sul movimento clandestino antinazista? La fine della guerra e il ritorno dei deportati dai campi di concentramento segnano per lei un periodo straziante e danno inizio a una lunga attesa, nel caos generato dalla liberazione di Parigi.

VALUTAZIONE FILM.IT
TITOLO ORIGINALE
La douleur
GENERE
NAZIONE
Francia
REGIA
CAST
DISTRIBUZIONE
Wanted Cinema
DURATA
127 min.
USCITA CINEMA
17/01/2019
ANNO DI DISTRIBUZIONE
2017
di Gian Luca Pisacane

Hiroshima, mon amour. All’epoca (1961) a dirigere c’era un maestro come Alain Resnais, che realizzò una delle opere-manifesto della Nouvelle Vague. Fu innovativo nel linguaggio, nello stile, e la camminata notturna di Emmanuelle Riva sarebbe rimasta nella storia, con un occhio a quella di Jeanne Moreau in Ascensore per il patibolo. Il film era ispirato da un testo di Marguerite Duras, autrice del soggetto e della sceneggiatura.

Per comprendere La douleur di Emmanuel Finkiel (tratto dal romanzo autobiografico della Duras), bisogna partire proprio da Hiroshima, mon amour, dal suo utilizzo degli opposti. Le immagini di Hiroshima devastata e la voce che ripete: “Tu non hai visto niente”, il documentario che si fonde con la “prosa poetica”, la Francia e il Giappone (Nevers e Hiroshima), il passato e il presente, gli amanti di due Paesi al fronte. È la faccia segreta della Storia, quella che si oppone alla “battaglia” con l’attrazione dei corpi, che si confronta con la catastrofe mettendo in primo piano il desiderio di un uomo e di una donna che obbediscono alla propria natura.

In La douleur, Duras è la protagonista. Il bianco e nero acceso del Giappone di Resnais si trasforma nei colori accesi della Francia di Finkiel. Qui Duras è una giovane sposa a cui hanno strappato il marito. Non ha più diritto alla felicità, perché il suo amato è in un campo di concentramento e il conflitto mondiale ha reso nera l’anima delle nazioni.

“Lei non ha visto niente”. Non conosce la vita, deve imparare lo stillicidio dell’attesa, la stessa che faceva impazzire Emmanuelle Riva. Lontani migliaia di chilometri, a distanza di anni, le due donne si fondono l’una nell’altra. Entrambe hanno paura del futuro, ricordano con angoscia il passato e vivono un presente privo di speranza. Si aggirano per la città senza meta, con le immagini sullo sfondo che si fanno sfocate, perché è impossibile guardare alle esistenze degli altri, sopportare altra disperazione. La guerra fisica si scontra con quella interiore, con la difficoltà di concepire l’amore come la sola cosa che può salvarci. I desideri e la realtà, il legame con il migliore amico, la finta attrazione per l’ufficiale tedesco sono le illusioni alle quali aggrapparsi per non morire.

È un gioco di contrari. Con le parole della Duras che risuonano imperiose: “Niente più dolore, non esisto. Perché aspettare lui e non un altro?”. Si ritorna al Lui di Hiroshima, che non aveva un nome proprio perché rappresentava l’incapacità di accettare il mondo, la sua follia, la violenza. In La douleur si perde la memoria di se stessi, delle emozioni leggere, della spensieratezza.

Lei e Lui a Hiroshima, Lei e Lui nella Francia occupata. In un lento cammino verso il baratro, verso l’oblio. Con la macchina da presa che si incolla al viso della Duras, riprende la sua struggente ricerca di un equilibrio. Ma ancora una volta: “Noi non abbiamo visto niente”. Non possiamo comprendere la tragedia, la sofferenza, la douleur. Mentre un’epoca si chiude, gli assassini devono pagare per i loro delitti, il peso della sopravvivenza poggia sulle spalle dei superstiti. Un cinema intimista, ispirato, che vive sui palpiti di Marguerite Duras e sul senso di colpa dell’intera umanità.