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Reign of Assassins - La nostra recensione

John Woo supervisiona il giovane Su Chao-Pin alla regia di un action storico che non ha molto di nuovo da offrire e in cui la personalità del Leone d'Oro alla carriera non trapela quasi per nulla.

La congiura della pietra nera

03.09.2010 - Autore: Marco Triolo, nostro inviato al Festival di Venezia
Qual è il tratto più caratteristico del cinema di John Woo? I più vi risponderebbero la capacità di rendere ogni scena d'azione, per quanto affollata, lucida e comprensibile in ogni inquadratura, in ogni fotogramma. Una capacità che esplode sullo schermo nel suo ultimo capolavoro, “La battaglia dei tre regni”, e che invece pare totalmente assente nel qui presente “Reign of Assassins”, presentato a Venezia proprio nel giorno della premiazione di Woo, che riceverà oggi pomeriggio il Leone d'Oro alla carriera.

In “Reign of Assassins” manca proprio quella lucidità: là centinaia di persone si affrontavano sul campo di battaglia in complesse coreografie servite con una grazia estranea al cinema americano, dove a farla da padrone c'è uno stile documentaristico fatto di primi piani e camera a mano. Qui pare che si sia cercato proprio di emulare in parte quello stile più moderno, cool, dimenticando che in questo campo la Cina ha avuto e avrà sempre da insegnare agli USA. Che cosa è successo, dunque? Semplicemente che, come confermato in conferenza stampa, “Reign of Assassins” e principalmente opera di Su Chao-Pin, a cui Woo ha offerto la sua guida in un ruolo di co-regista e sostanzialmente supervisore. Su esagera con il wire work, le coreografie aiutate dai cavi, ottenendo a volte effetti buffi, ma in generale già visti e stra-visti nei vari “Hero”, “La foresta dei pugnali volanti” e “La tigre e il dragone”.

La messa in scena mostra almeno una certa leggerezza di tocco, con spunti umoristici che a volte sono azzeccati, a volte cadono un po' fuori tempo. Inoltre Michelle Yeoh è, come sempre, una grande protagonista. Ma i colpi di scena finali sono un po' attaccati con la colla e la ricerca di un senso più profondo e lirico stona un po' col resto del film. Un vero peccato, visto che con questo film Woo si presenta a Venezia a ritirare un premio più che meritato. Se siete dei veri fan del regista, riguardatevi “La battaglia dei tre regni” e “The Killer”, e aspettate il suo prossimo “Flying Tigers”: non avrete rimpianti.

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