La congiura della pietra nera

La congiura della pietra nera - Locandina

428 a.C. Bodhi, un principe del sud dell'India è diventato un monaco buddista ed è partito per la Cina, guadagnandosi la sacra reputazione di mistico artista delle arti marziali.. Dopo la sua morte i suoi resti sono misteriosamente scomparsi. Centinaia di anni dopo, Zhang, un alto ufficiale della corte viene assassinato da Drizzle. Il figlio di Zhan, Jingxiu, mentre è in lutto per la morte del padre, viene assalito da un gruppo di assassini che lo credono morto, ma il giovane sopravvive in qualche modo e scappa dalla loro stretta. Drizzle, è una guerriera di talento che si trova in possesso dei resti di Bodhi e comincia il suo viaggio per riportarli al loro giusto luogo di riposo al tempio di Yunhe.

VALUTAZIONE FILM.IT
TITOLO ORIGINALE
Jianyu Jianghu
GENERE
NAZIONE
Cina
REGIA
CAST
DURATA
117 min.
USCITA CINEMA
03/08/2012
ANNO DI DISTRIBUZIONE
2010

Qual è il tratto più caratteristico del cinema di John Woo? I più vi risponderebbero la capacità di rendere ogni scena d'azione, per quanto affollata, lucida e comprensibile in ogni inquadratura, in ogni fotogramma. Una capacità che esplode sullo schermo nel suo ultimo capolavoro, “La battaglia dei tre regni”, e che invece pare totalmente assente nel qui presente “Reign of Assassins”, presentato a Venezia proprio nel giorno della premiazione di Woo, che riceverà oggi pomeriggio il Leone d'Oro alla carriera.

In “Reign of Assassins” manca proprio quella lucidità: là centinaia di persone si affrontavano sul campo di battaglia in complesse coreografie servite con una grazia estranea al cinema americano, dove a farla da padrone c'è uno stile documentaristico fatto di primi piani e camera a mano. Qui pare che si sia cercato proprio di emulare in parte quello stile più moderno, cool, dimenticando che in questo campo la Cina ha avuto e avrà sempre da insegnare agli USA. Che cosa è successo, dunque? Semplicemente che, come confermato in conferenza stampa, “Reign of Assassins” e principalmente opera di Su Chao-Pin, a cui Woo ha offerto la sua guida in un ruolo di co-regista e sostanzialmente supervisore. Su esagera con il wire work, le coreografie aiutate dai cavi, ottenendo a volte effetti buffi, ma in generale già visti e stra-visti nei vari “Hero”, “La foresta dei pugnali volanti” e “La tigre e il dragone”.

La messa in scena mostra almeno una certa leggerezza di tocco, con spunti umoristici che a volte sono azzeccati, a volte cadono un po' fuori tempo. Inoltre Michelle Yeoh è, come sempre, una grande protagonista. Ma i colpi di scena finali sono un po' attaccati con la colla e la ricerca di un senso più profondo e lirico stona un po' col resto del film. Un vero peccato, visto che con questo film Woo si presenta a Venezia a ritirare un premio più che meritato. Se siete dei veri fan del regista, riguardatevi “La battaglia dei tre regni” e “The Killer”, e aspettate il suo prossimo “Flying Tigers”: non avrete rimpianti.