
Toy Story, i dettagli del capolavoro Pixar che noti solo da adulto

Toy Story: le cose che noti solo da adulto
Il mondo di Toy Story è un coloratissimo universo di giocattoli animati che vivono straordinarie avventure. Perciò vi perdoniamo se, da bambini, vi siete fatti distrarre da tutto questo e non avete colto le chiavi di lettura nascoste, i doppi sensi, gli omaggi occulti e i temi più "pesanti". Dopo tutto eravate bambini. Ma ora siete adulti, ed è arrivato il momento di scoprire la verità su Toy Story...
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I riferimenti pop
Nel film di John Lasseter, primo lungometraggio di animazione al computer della storia del cinema, si apre immediatamente la tradizione Pixar di riempire i propri capolavori di citazioni pop. In Toy Story si può vedere il tappeto dell'Overlook Hotel di Shining, oltre al logo di Binford Tools, lo sponsor di Tool Time, la serie condotta da Tim Allen nella sit-com Quell'uragano di papà. Tim Allen è anche la voce originale di Buzz Lightyear.

Woody è un disgraziato
Nel primo atto del film, Woody cerca in ogni modo di far sparire il rivale Buzz, mostrando ben poca pietà. Il suo piano, a un certo punto, è farlo cadere dietro a una scrivania affinché venga dimenticato. Non solo, ma per farlo prende il controllo dell'auto radiocomandata R.C., rendendola un complice contro la sua volontà. Non esattamente un'azione nobile.

Temi non leggerissimi
Avete presente la scena in cui Buzz capisce finalmente di essere un giocattolo quando vede una pubblicità di Buzz Lightyear in TV e le infinite copie di se stesso? Da bambini fa sorridere, ma da adulti fa venire i brividi. Appare chiaro che uno dei temi del film è la ricerca di sé dovuto a una crisi di identità. E anche Woody non è messo tanto bene: tutti i suoi sforzi per avere la meglio su Buzz sono dovuti all'insicurezza e alla paura di essere rimpiazzato nel cuore di Andy. E a proposito di Andy...

Dov'è il padre di Andy?
Seguiamo la vita di Andy in tutti i tre capitoli di Toy Story, ma non ne vediamo mai il padre. E' come se non esistesse proprio: non viene mai menzionato, non viene spiegato se sia morto, se i suoi abbiano divorziato o se sia semplicemente in giro spesso per lavoro. Un dettaglio che da piccoli non si nota, ma che da grandi ci spinge a farci qualche domanda.

Un giocattolo per adulti
Tra i giocattoli creati da Sid montando parti di altri giocattoli, ce n'è uno con le gambe di una Barbie e un uncino al posto del corpo. In Italia non si capisce, ma in America è chiaro il doppio senso, almeno per gli adulti: il termine "hooker" (da "hook", uncino, gancio) vuol dire adescatrice, prostituta. Un bambino non potrebbe mai capire questa sottigliezza, dedicata ai genitori dei piccoli spettatori.

Altri doppi sensi
Che tipo di relazione c'è tra Woody e Bo Beep? No, perché quando Woody le dice che forse dovrà trovarsi qualcun altro per badare alle sue pecore quella notte, ai grandi risulta abbastanza chiaro che cosa intenda il cowboy...

Un preoccupante culto di alieni
Gli alieni a tre occhi che, nella cabina del Pizza Planet, attendono con devozione che il divino Artiglio li catturi, sono in pratica un culto religioso di quelli che, nella realtà, sarebbero capaci di un suicidio di massa. Lasseter tratta l'argomento con ironia e leggerezza, ma in effetti la riflessione non è per nulla leggera.
I giocattoli possono morire?
Nella mitologia di Toy Story, tutti i giocattoli sono vivi e possono aspettare anche anni in una stanza, immobili, se non trovano nessuno che giochi con loro. Ma allora possono anche morire? Non è chiarissimo, però il sadico Sid ne fa saltare in aria uno e per poco non riserva una brutta fine anche a Buzz, quando lo lega a un razzo. In conclusione, pare proprio che i giocattoli possano morire, ma solo quando sottoposti ad atroci sofferenze.

Titoli di coda rivelatori
Alzi la mano chi se lo ricordava questo: Joss Whedon, creatore di Buffy, Serenity e regista di Avengers, Avengers: Age of Ultron e ora co-regista di Justice League, è tra gli sceneggiatori di Toy Story. All'epoca non aveva ancora incontrato tutta quella fortuna, ma evidentemente era già considerato "uno bravo" nei circoli che contano.