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Recensione: Die Hard - Un buon giorno per morire

Riuscirà il nuovo capitolo a risollevare le sorti della saga di John McClane?

Die Hard - Un buon giorno per morire - Bruce Willis, Jai Courtney

13.02.2013 - Autore: Marco Triolo
Il ritorno di John McClane al cinema è sempre un evento. Dopo un deludente quarto capitolo, tutti aspettavano al varco questo nuovo Die Hard – Un buon giorno per morire, sperando che risollevasse le sorti di una saga che fino al terzo episodio aveva funzionato alla grande. Purtroppo non è così.

Die Hard Un buon giorno per morire recensione Bruce Willis John McClane - Willis, Courtney e Sebastian Koch

Die Hard – Un buon giorno per morire vede McClane in trasferta a Mosca per assistere al processo del figlio John Jr., detto Jack, che rischia la pena di morte. Si scopre che in realtà Jack è un agente della CIA e che la sua missione è inchiodare un politico corrotto. Il film segue un piano preciso, l'ampliamento del raggio d'azione della saga: da un palazzo si è passati a un aeroporto, poi alla città di New York e agli interi Stati Uniti. Ora in ballo ci sono le sorti del mondo. Ma c'è un problema: John McClane funziona meglio quando resta con i piedi ben saldi per terra, in un'ambientazione urbana o claustrofobica. Espandendo così tanto l'orizzonte si è persa traccia di cosa rendesse davvero unico e forte il personaggio. Nel precedente capitolo, per lo meno, il contrasto con le nuove tecnologie e la mentalità old school dello sbirro di Bruce Willis permetteva di definire la personalità di McClane in maniera piuttosto accurata. Stavolta, l'unico modo che lo sceneggiatore Skip Woods ha trovato per ricordarci che John è un pesce fuor d'acqua appartenente a un'epoca andata è far ribadire costantemente ai personaggi che lui è “vecchio”.

Il vero controsenso, però, è che McClane più invecchia più diventa indistruttibile. Nell'originale Die Hard, John si faceva malissimo, camminava scalzo sui vetri rotti, incassava ogni colpo ma ne soffriva. Qui si schianta ai trecento all'ora con un camion e ne esce incolume. È la sindrome da supereroe che affliggeva anche il precedente film: sembra quasi che nella foga di ammiccare al vecchio cinema action anni Ottanta, in quest'epoca di post-modernismo forzato, i registi di oggi si siano riguardati in fretta e furia una selezioni di titoli e abbiano decretato che il tratto comune del tempo fosse che gli eroi erano indistruttibili. Una regola che magari potrebbe funzionare per Stallone e Schwarzenegger, ma che certamente non si applica a John McClane, la cui vulnerabilità era appunto il tratto che lo distingueva.

Die Hard Un buon giorno per morire recensione Bruce Willis John McClane - Willis e Courtney

Willis e il nuovo arrivato Jai Courtney (qui la nostra intervista esclusiva) ce la mettono tutta, ma i loro battibecchi funzionano poco a causa di dialoghi piuttosto legnosi. Manca completamente quell'ironia pungente che contraddistingue McClane, ridotto a vecchietto un po' goffo e tenero che vorrebbe recuperare il rapporto col figlio esternando i propri sentimenti in continuazione. La regia di John Moore non aiuta: dopo un bel crescendo iniziale, si dimostra caotica nelle scene d'azione, indulgendo spesso nei vezzi tipici di certa televisione action odierna, come zoomate, piani ravvicinati a camera a mano e inversioni di campo che rendono impossibile seguire lo sviluppo dell'azione. Non resta che invocare a gran voce il ritorno di John McTiernan alla regia del sesto film, che Bruce Willis vorrebbe tanto realizzare prima di mandare in pensione il personaggio.

Die Hard – Un buon giorno per morire, in uscita il 14 febbraio, è distribuito in Italia da 20th Century Fox. Qui il trailer.
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