Biennale Venezia 2013
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Sacro GRA, il deserto di asfalto che vive

Gianfranco Rosi convince con il suo straordinario documentario sul Grande Raccordo Anulare

Sacro GRA

05.09.2013 -
"Il Grande Raccordo Anulare è la più estesa autostrada urbana d'Italia. Circonda Roma come un anello di Saturno". Si apre con questo cartello Sacro GRA, il documentario di Gianfranco Rosi che racconta alcune delle centinaia di storie che ruotano attorno all'immensa circonvallazione della capitale. Vite ai margini, storie bizzarre, storie uniche, ma anche un'immensa dose di normalità nascosta sotto una crosta di stranezze. Sacro GRA è tutto questo e racconta i suoi personaggi con affetto, interesse e trasporto.

Rosi compie l'impresa di farci dimenticare che si tratta di un documentario, e allo stesso tempo - anche se alcuni dei protagonisti vengono palesemente cambiati dalla presenza della macchina da presa, tanto per citare il principio di indeterminazione di Heisenberg - è anche vero che ciò non è importante, perché, come ha spiegato Rosi in conferenza stampa, "dal film emerge la poetica dei personaggi, la loro rappresentazione poetica di se stessi. Attori che recitano senza sapere di recitare". Rosi non vede differenza tra documentario e film: "Faccio questo lavoro da più di vent'anni e non ho mai pensato che i miei film dovessero rientrare esclusivamente nel circuito dei documentari. Ogni storia ha un suo modo di essere raccontata e, più che la differenza tra documentario e finzione, è importante capire cosa sia vero e cosa falso".

Diverse le parole d'ordine per definire le coordinate di questo film, o, usando termini più consoni alla materia, per gettare i pilastri che sostengono l'opera di Rosi. Prima di tutto, la lentezza: lentezza nel raccontare storie altrettanto lente, antidoto alla velocità che il GRA rappresenta ("A parte quando ci sono le code"). E poi, "sottrazione e trasformazione". "Il punto di vista narrativo è stata la vera sfida - spiega il regista, che ha lavorato al film per più di due anni - Non volevo raccontare una storia con inizio e fine e non volevo dire troppo dei personaggi. Perciò le parole chiave dovevano essere sottrazione, nel senso di togliere informazioni, e trasformazione, di un luogo in un altro". "Uno dei grossi investimenti fatti all'inizio - continua Rosi - è stato sul tempo. Il film è nato commentando ad alta voce quello che vedevamo, perdendoci nel filmare luoghi e svuotando il racconto da tutto, anche dai personaggi. Con questi ho avuto poi un lunghissimo rapporto, e credo che il punto sia proprio che in un luogo privo di identità loro hanno un'identità fortissima".

Il risultato è un documento straordinario e poetico su un luogo che tutti vedono solo come un ammasso di cemento e tondini d'acciaio, smog e ingorghi, bestemmie e stress. Guardare Sacro GRA è come vedere quei documentari sulla fauna del deserto e scoprire quanto anche un posto così improbabile possa brulicare di vita ed energia. Dopo la delusione de L'intrepido, ecco un film che sa parlare dell'Italia di oggi guardandola da un punto di vista inedito, ma pur sempre comprensivo della nostra identità e cultura.

Sacro GRA sarà distribuito nelle sale il 26 settembre, da Officine Ubu.

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