Sacro GRA

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Gianfranco Rosi ha deciso di perdersi per tre anni con un mini-van sul Grande Raccordo Anulare di Roma, per scoprire i mondi invisibili e i futuri possibili che questo luogo magico cela oltre il muro del suo continuo frastuono.

VALUTAZIONE FILM.IT
TITOLO ORIGINALE
Sacro GRA
GENERE
REGIA
CAST
DISTRIBUZIONE
01 distribuzione
DURATA
93 min.
USCITA CINEMA
19/09/2013
ANNO DI DISTRIBUZIONE
2013
di Marco Triolo

"Il mondo finisce sul Grande Raccordo Anulare”, cantava Corrado Guzzanti nella sua famosa imitazione di Antonello Venditti che celebrava la piÙ nota autostrada urbana d'Italia. Un luogo in un certo senso mitico, una fascia di cemento e smog che circonda Roma come “un anello di Saturno” e che Gianfranco Rosi ha posto al centro del suo nuovo documentario, vincitore del Leone d'Oro alla Mostra di Venezia, Sacro GRA.

Sin dai primi fotogrammi del film appare evidente che il GRA È trattato come una metafora, una scusa bella e buona per raccontare storie “ai margini”, non solo di Roma, ma dell'Italia e forse del mondo. C'È il nobile decaduto che affitta la villa per i fotoromanzi, il professore in pensione con la figlia studentessa, il paramedico che attraversa ogni notte il Raccordo a bordo della sua ambulanza e l'esperto di larve delle piante che si occupa di disinfestare le palme. Queste sono solo alcune delle storie raccontate in Sacro GRA, storie a volte bizzarre, a volte di vita vissuta, che vengono trattate con una certa tenerezza e una dose di romanticismo.

Insomma, È chiaro che Sacro GRA ambisce ad essere qualcosa di piÙ di un documentario: lo stesso Rosi ha definito i suoi protagonisti “attori che non sanno di recitare” e, per una volta, viene immediatamente palesato che quando si osserva qualcosa, la si modifica per forza. Il principio di Heisenberg È alla base di ogni documentario, perchÉ chi li realizza parte sempre da una struttura a tre atti tipica del cinema e della narrazione tutta, perciÒ inevitabilmente manipola le informazioni, anche se in maniera minima. La differenza tra Sacro GRA e un comune documentario sta nel fatto che, se normalmente i registi negano che ci sia stata questa manipolazione, Rosi ammette tutto subito e ricerca il dettaglio curioso, il montaggio ad effetto.

Il bello È che la scelta paga: nonostante non ci si trovi propriamente di fronte a un ritratto della normalitÀ, se la tesi era quella di mostrare le contraddizioni della Capitale, il suo accostamento di moderno e antico e anche una certa decadenza strutturale dall'indubbio fascino, Rosi centra in pieno l'obbiettivo. Forse Sacro GRA non era da Leone d'Oro, ma di certo È uno dei film italiani dell'anno.