Torino Film Festival 2014
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It Follows – La nostra recensione

Sesso e morte nell'opera seconda di David Robert Mitchell, un film che spaventa e inquieta

It Follows

22.11.2014 - Autore: Marco Triolo (Nexta)
Sesso e morte vanno spesso a braccetto al cinema, specialmente nell'horror. It Follows, opera seconda di David Robert Mitchell, presentata nella sezione After Hours di Torino 32, ricade pienamente in questo filone. E se il messaggio che propugna, fare sesso occasionale è male e porta a conseguenze terribili, è discutibile, l'atmosfera che è in grado di creare e il terrore che riesce a suscitare davvero con poco sono rimarchevoli.

It Follows racconta, in pieno stile J-horror, di una maledizione passata da una vittima all'altra. Anziché videocassette maledette o spiriti nati dal rancore, qui l'entità maligna è trasmessa attraverso il sesso. Portarsi a letto qualcuno/a equivale a liberarsene, ma, e qui sta il trucco, se la persona a cui avete trasmesso la maledizione viene uccisa dall'entità, questa tornerà a cercare voi finché non la trasmetterete a qualcun altro.

Mitchell sceglie Detroit come location per una storia di desolante malessere adolescenziale, e si potrebbe ormai scrivere un trattato sull'immagine filmica della città del Michigan, distrutta dalla crisi e semi-abbandonata. Un luogo inquietante anche solo a riprenderne le strade e le case deserte e in rovina. Come in rovina sono le vite dei protagonisti, un gruppo di ragazzi che non ha alcuno scopo o speranza in una vita migliore. In queste strade – all'apparenza i classici suburbs americani, ma percorsi qui da un gelo esteriore che riflette quello interiore – si annida il male, sotto forma di una malattia sessualmente trasmissibile. Qui sta il lato più fastidiosamente ideologico del film, una stigmatizzazione della sessualità come peccato che deve essere punito.

Ma vale la pena portare pazienza, perché quando poi l'orrore ingrana, vi troverete davanti a un film ormai molto raro nel panorama horror americano. Gli spaventi sono improvvisi e funzionano molto bene, senza contare sul “boom” sonoro, ovvero l'impennata di volume che troppo spesso viene scambiata per genuino spavento. Mitchell invece ha interiorizzato la lezione del J-horror e mostra gli attacchi della creatura – in grado di prendere di volta in volta le sembianze di individui diversi, tutti rigorosamente disturbanti – sempre al centro dell'inquadratura, senza stacchi di montaggio o trucchi. I rumori sono utilizzati altrettanto bene, ma si tratta sempre e solo di rumori diegetici e dunque onesti e pertinenti alle scene.

L'atmosfera di terrore e disagio vince, dunque, sui messaggi meno convincenti del film. In attesa di vedere The Babadook, altro horror di cui si sta parlando tantissimo, il Torino Film Festival ci ha già regalato un film dell'orrore notevole. Segnatevi il nome di David Robert Mitchell, perché ne sentirete ancora parlare.
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