Festiva di Cannes 2014
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Intervista: Mike Leigh contro il dinosauro chiamato Hollywood

Il maestro del cinema britannico racconta l'esplorazione del genio di JMW Turner e annuncia: “Ken Loach ha le sue ragioni per ritirarsi. Io resto dove sto”

Mike Leigh

20.05.2014 - Autore: Pierpaolo Festa, da Cannes
“Non credo che i problemi che tratto nel mio cinema siano esclusivamente britannici o inglesi. I miei film parlano della vita: la nascita, la famiglia, le relazioni, il lavoro, il sesso, la politica e tutto il resto. Raccontare questi temi all'interno di un territorio organico mi permette personalmente di filmare storie che, sebbene abbiamo radici in una determinata cultura, finiscono per elevarsi ad universali. Questa è la mia priorità”.

“Il mio cinema”. “I miei film” “Il mio impegno nei confronti del grande schermo” -  espressioni usate di frequente dal maestro Mike Leigh quando Film.it lo incontra in una spiaggia della Croisette. È passato solo qualche giorno dalla première mondiale di Mr. Turner a Cannes, il film in cui Leigh racconta l'ultima parte della vita di JMW Turner, uno degli precursori dell'arte impressionista. In una delle sequenze più importanti del film vediamo l'artista (magistralmente interpretato da Timothy Spall) fermarsi davanti a una delle prime macchine fotografiche: lo vediamo prima nervoso, poi incuriosito e affascinato dalla nuova tecnologia: “La paura di Turner nei confronti della fotografia è un aspetto molto interessante – ci racconta Leigh – Quelli erano gli ultimi anni della sua vita e lui aveva già anticipato nel suo lavoro il tipo di dipinto che sarebbe comparso all'inizio del secolo con l'avvento della fotografia. La rivoluzione tecnologica non è la stessa cosa per un artista del diciannovesimo secolo e un regista del ventesimo secolo. Nella mia carriera, ogni volta che ho fatto un film, ho sempre trovato nuovi cambiamenti nella modalità di realizzazione”.

Dunque Mike Leigh è affascinato dalla tecnologia oppure esita prima di cambiare approccio tecnico?
Questo mestiere ti offre sempre più possibilità: questa volta ho girato in digitale ad esempio. Non c'è assolutamente nulla da temere, anzi abbracciare la tecnologia è una cosa emozionante perché hai a disposizione una serie di strumenti che ti permettono di essere creativo. Come tutti i registi di una certa età, sono appassionato e nostalgico riguardo i 35mm e i 16mm, ma è sempre più difficile e costoso lavorarci. Credo dunque che la tecnologia sia sempre da esplorare, investigare e celebrare.



Il suo film Mr. Turner ha una confezione enorme: un viaggio nel tempo, centosessanta anni nel passato, realizzato con una grande attenzione al dettaglio stilistico e visivo. Possiamo dunque definire questo film il suo Kolossal?
In realtà Topsy-Turvy è costato un milione di sterline in più rispetto a Mr. Turner. Questo film sembra più costoso, ma non lo è. Non so come siamo riusciti a farlo, perché in realtà non avevamo affatto tanti soldi. Però è vero, siamo stati ossessionati dal dettaglio: i costumi sono esatte repliche di quel periodo, gli attori indossavano perfino modelli di mutande dell'epoca. Tutto è curatissimo, soprattutto il linguaggio: non abbiamo fatto alcuna concessione al linguaggio moderno. Se fai il compromesso con un linguaggio moderno, dicendoti che l'audience accederà meglio alla storia, secondo me ottieni il contrario.

Cosa prova Mike Leigh quando si ritrova davanti a un dipinto di Turner?
Una grande emozione. Amo il suo lavoro e credo che lui sia il più straordinario degli artisti. La verità è che spesso vedo nei suoi lavori qualcosa di estremamente cinematografico. Nel film mostriamo uno dei suoi dipinti incentrato su Annibale che attraversa le Alpi. Qualunque pittore dell'epoca avrebbe riempito la tela con elefanti in primo piano e altri animali che dominano il paesaggio. Turner ha avuto l'arroganza di disegnare Annibale molto piccolo, inghiottito da un paesaggio epico.

Il suo non è un biopic nel senso classico, anche perché lo spettatore ha accesso solo all'ultima fase della vita di Turner. Come mai questa scelta?
Gli ultimi anni mi hanno permesso di focalizzarmi su aspetti importanti: esploriamo il momento in cui il suo lavoro ha avuto un cambio radicale, finendo per essere criticato dalle persone che non potevano capirlo. In quel momento Turner stava anticipando l'arte del ventesimo secolo. E' li che diventa precursore dell'impressionismo.

Mike Leigh si sente vicino a Turner sia come uomo che come artista?
La sua domanda è molto vicina a un'altra domanda: vuole sapere se questo è un film autobiografico? Assolutamente no. Certamente sento una connessione con lui: era un artista e in un certo senso anche noi che facciamo cinema lo siamo. Lui ovviamente lavorava molto più di me: era sempre al lavoro. Provo la stessa empatia nei confronti di Turner di quella che provo per un qualsiasi altro personaggio dei miei film. A parte tutto il resto, Turner aveva rinnegato i suoi figli, io invece sono un papà fiero dei miei due fantastici ragazzi.



A proposito di attenzione al dettaglio e delle scene in cui vediamo Turner al lavoro: quanto è stato difficile immaginarlo mentre creava i sui dipinti?
Dovevamo mostrarlo. Per farlo abbiamo guardato e studiato i dipinti per tanto tempo. Il mio direttore della fotografia, Dick Pope, si è recato alla Tate per settimane: osservando i colori e i movimenti di pennello nelle tele di Turner. Credo che quando guardi il lavoro di un altro per tanto tempo, ti entra dentro. In questo modo, improvvisamente, abbiamo iniziato a guardare il mondo attraverso gli occhi di Turner.

Sono curioso, come mai intitolare il film Mr. Turner e non semplicemente Turner?
Domanda interessante, credo che quel prefisso dica implicitamente che si tratta di una persona vera nel mondo. Non è come dire “Van Gogh! Tintoretto! Leonardo!”. Mr. Turner ti da l'idea di un uomo nel mondo reale.

Tornando al discorso sul metodo. Ha mai voglia di tornare a lavorare in TV e raccontare storie di personaggi serializzati?
Ho iniziato la mia carriera dirigendo Bleak Moments per la TV. Era il 1971 e per i successivi diciassette anni sono riuscito solo a lavorare in TV. Poi le cose sono cambiate e ho iniziato a fare il cinema. La TV è sempre una possibilità, io però sento di aver preso un impegno con il cinema e l'esperienza del grande schermo. Mi piace che le persone si ritrovino in un posto molto grande per condividere questa esperienza. Dunque sono totalmente per i film. Questo è l'impegno forte che mi tiene dietro la macchina da presa.

Pensa mai di rivisitare suoi personaggi in sequel o serializzare un film che ha già diretto?
Non sono interessato a rivisitare personaggi: vivono nel mondo che creiamo per loro e rimangono lì. La vita è troppo breve per rivomitare il materiale precedente. Bisogna sempre andare avanti.



Tracciamo un paragone tra la TV britannica di allora e quella di oggi: quanto è migliorata? Quanto è peggiorata?
Be', quando ho iniziato a lavorarci c'erano solo tre canali in tutto il Regno Unito. All'epoca con me c'erano anche Ken Loach e Stephen Frears e lo ricordo come un periodo di grande libertà creativa, proprio perché non c'era competizione con altri canali. Oggi credo che la qualità da noi sia precipitata: nel Regno Unito viene prodotta solo roba superficiale. Le cose migliori vengono fatte negli States e nei paesi Scandinavi.

Dato che parla di impegno di vita con il cinema, quest'anno a Cannes vedremo l'ultimo film di Ken Loach che ha annunciato il suo ritiro. Vorrei sapere se invece Mike Leigh seguirà le impronte di De Oliveira...
Cioè se farò film fino a 107 anni? Ken Loach ha le sue ragioni, ed è di sei o sette anni più vecchio di me. In quanto al mio lavoro, farò un nuovo film nel 2016, non ho intenzione di fermarmi. È importante mandare un messaggio: qui a Cannes siamo tanti filmmaker provenienti da ogni dove. Ci sono centinaia di film. Migliaia. Non esiste solo il grande dinosauro di Hollywood.

Per saperne di più:
Leggete la nostra recensione di Mr. Turner
Guardate il trailer del film.

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