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Recensione: Death Note, il manga noir di Adam Wingard prodotto da Netflix

Luci al neon e musiche elettroniche per un film molto particolare che trasporta il tono dei manga nel cinema americano

Death Note

24.08.2017 - Autore: Marco Triolo (Nexta)
Adam Wingard è senz'altro una delle voci più interessanti del nuovo panorama horror americano, e lo resta nonostante il passo falso di Blair Witch. Hollywood se ne è accorta e gli ha affidato il suo primo progetto ad alto budget, Godzilla vs. Kong, un film che rischia però di seppellire il suo stile molto personale sotto una tonnellata di note dei produttori. Ma prima dello scontro tra i due colossi del cinema di mostri, Wingard ha lavorato a un altro progetto su commissione, Death Note. In uscita direttamente su Netflix, il film è molto atteso soprattutto dagli appassionati di manga, essendo tratto dal celebre fumetto di Tsugumi Oba e Takeshi Obata. Un'opera di culto che ha già generato una serie animata, quattro film e una miniserie TV in Giappone.

 
La versione americana, come da tradizione, occidentalizza ambientazione e personaggi, ma si mantiene molto fedele al tono dei manga. Sembra di vedere davvero un manga in versione live action e con volti americani: il passo è quello dei fumetti giapponesi, dotati di ritmo forsennato, psicologie dai tratti forti e drammatici e con una tendenza a ragionare per assoluti, concept e personaggi sopra le righe con tratti grafici molto distintivi. Di conseguenza, è necessario mettersi nel giusto stato d'animo per godere di Death Note, che non intende certo essere una visione “realistica” (come spesso accade con questo tipo di adattamenti) del manga.
 
E in questo funziona molto bene. Wingard sa come mettere in scena una bella storia horror movimentata e divertente, con protagonisti iconici (si veda la Sharni Vinson di You're Next o il Dan Stevens di The Guest) e un'atmosfera tra il moderno e il vintage (le musiche elettroniche di Atticus e Leopold Ross sembrano rubate a un film di John Carpenter). Gli elementi derivativi, come ad esempio le morti elaborate che provengono chiaramente dalla saga di Final Destination, non sono abusati, ma rientrano fluidamente nell'universo visivo del film. Che combina manga e anime con certi horror di ambientazione liceale anni '90, aggiornandoli.

 
Wingard ha scelto piuttosto bene anche il cast: Nat Wolff e Margaret Qualley, nei ruoli dei due teenager che vengono in possesso del Death Note, un diario dà il potere di uccidere chiunque si voglia scrivendone semplicemente il nome su una pagina, sono perfettamente “strani” e fuori dal coro. Lakeith Stanfield, nel ruolo del detective prodigio “L”, cavalca un sottilissimo confine tra il bizzarro e il gigione, ma ben si adatta a questo mondo fumettistico. Willem Dafoe interpreta il demoniaco Ryuk, possessore del diario (a cui dà la voce e i movimenti del viso via motion capture) dal peculiare senso dell'umorismo. A rubare la scena, comunque, è spesso Shea Whigham nel ruolo del padre di Light (Wolff), poliziotto segnato da un trauma. Whigham è un ottimo caratterista che negli ultimi anni sta emergendo grazie a una serie di ruoli in Boardwalk Empire, Agent Carter, Fargo e ora anche la terza stagione di Narcos (sempre per Netflix).
 
Illuminata da luci al neon viola, ormai sinonimo di “anni '80”, la fotografia di David Tattersall (i prequel di Star Wars, Speed Racer, Il miglio verde) dona al film un tono liquido da techno-noir. Netflix non ha chiaramente badato a spese e il risultato, pur con qualche limite da film per la TV di lusso, è un'opera curiosa e piacevole, che non inventa nulla ma che ha il pregio di trasportare il mondo dei manga e degli anime nel cinema americano senza, per una volta, snaturarlo.

 
Death Note sarà disponibile su Netflix dal 25 agosto.