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Ma Ma – Tutto andrà bene: La nostra recensione

Opera priva di uniformità tenuta insieme solamente dal talento di Penelope Cruz

Ma Ma - Tutto andrà bene 

Ma Ma - Tutto andrà bene 

16.06.2016 - Autore: Alessia Laudati (Nexta)
Non è possibile trovare un altro modo per dirlo. Questo film, più che essere il lavoro completo del regista Julio Medem, è il riflesso della luce e della delicatezza che l’attrice spagnola Penelope Cruz riesce a dare ai suoi ruoli femminili più riusciti. Il resto non è proprio noia, ma un racconto onirico non particolarmente originale dal punto di vista del registro visivo e in grado di produrre una distanza emotiva con una storia che invece vuole essere partecipata e intensa fin dalle premesse.

Partiamo però dall’inizio. In Ma Ma - Tutto andrà bene, Penelope Cruz è una donna colpita dal cancro al seno per due volte, che come in tante storie che conosciamo nella realtà, nel secondo caso più del primo visto che la diagnosi è di incurabilità, decide di vivere la malattia con coraggio, gioia di vivere e trasformando il tempo che le rimane in una osservazione disincantata e piena del presente. 
 
Sullo sfondo una Spagna malata della peggior crisi economica di sempre, fotografata nell’anno però della vittoria agli Europei nel 2012, un paese che come la protagonista deve trovare, nella quotidianità ‘cancerosa’, la propria ricetta di felicità. 
 
Il personaggio di Magda (Penelope Cruz), è quindi il centro del film. Con lei assistiamo alle varie fasi di cura e alle sofferenze del corpo, intrecciate comunque alla quotidianità di madre e donna che non smette di essere per questo vissuta. 
 
E l’attrice ci regala un ritratto coraggioso, sempre ironico, sempre dolce anche davanti alla malattia, affiancato da un duo di caratteri maschili che invece basano la propria recitazione su un meccanismo di freddezza e di sottrazione. Sono il medico Julian (Asier Etxeandia) e l’amante Arturo (Luis Tosar). Però oltre la grande prova della Cruz, il resto rimane davvero confuso. Specialmente quando i fatti sono avvolti da una cornice surreale, a volte onirica, dove la luce rarefatta delle scene permette di mantenere una distanza con il dramma al quale stiamo assistendo. Questo meccanismo però provoca disaffezione, straniamento, scivola spesso nell’incomprensibilità, e l’interpretazione degli altri due personaggi non riesce a dare lo stesso calore dell’attrice spagnola in un film che sembra indeciso su quale dei due registri - melò o dramma asciutto - fare più affidamento. 

Opera piena poi di tanti temi solo accennati, Dio, maternità, amore, sopravvivenza, in Ma Ma c'è un horror vacui, una volontà di riempire con tante sensazioni il tempo del film, che alla fine l'effetto è di totale mancanza di approfondimento di uno solo di questi aspetti. Una scelta poco comprensibile per un dramma che così non ha una sua dimensione precisa, nemmeno quella di opera più prettamente sperimentale.