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Lo stravagante mondo di Greenberg - La recensione

La stralunata commedia romantica di Noah Baumbach interpretata da un Ben Stiller spogliato della sua comicità

Lo stravagante mondo di Greenberg - Ben Stiller

05.04.2011 - Autore: Ludovica Sanfelice
Il signor Greenberg parte per un viaggio in Vietnam con la famiglia e affida all’assistente tuttofare Florence (Greta Gerwig) la cura della casa, del cane e, nel caso occorresse, del fratello Roger (Ben Stiller), appena uscito da una riabilitazione psichiatrica. L’uomo si stabilisce così per qualche settimana nella villa sulle colline di Hollywood e qui decide di applicarsi nella rinuncia a qualsiasi attività, ma questo tentativo di instaurare un governo dell’apatia finirà per collidere con la presenza complicata ma positiva di Florence, che contro ogni buonsenso, comincerà ad apprezzare le stramberie di Roger, i suoi alti e bassi emotivi, la sua incapacità di muoversi in un mondo che disprezza e a cui fa le pulci attraverso lettere di reclamo che si focalizzano su inconvenienti insignificanti e marginali.

Ben Stiller in Lo stravagante mondo di Greenberg

Con toni tristissimi e malinconici Noah Baumbach descrive l’empatia di due anime disorientate, due solitudini che insieme non fanno una compagnia ma che galleggiano nello stesso spazio vuoto seppur in modo differente. Roger è un narcisista sgradevole, che rifiuta i compromessi e allontana chi li accetta. Il suo unico amico Ivan (Rhys Ifans) ne sa qualcosa, e malgrado abbia digerito e superato a fatica una sua passata prepotenza, prova a stargli accanto finchè non si accorge che Greenberg lo sottostima perché ha accettato le naturali forme di adattamento che la vita adulta impone. Resiste solo Florence che infondo condivide quella mancanza di ambizione e quel desiderio di qualificarsi in qualche modo in una società che indirizza verso piste ben battute. Nel mondo di Greenberg a saltare è proprio questa regola fondamentale: qui ci si muove nei rivoli, nei canali di scolo. A partire dalle location che malgrado appartengano geograficamente al quadrato più cool di Los Angeles, ne mostrano l’aspetto più dimesso e struccato, come si trattasse del fuoricampo trascurato di qualche brillante scena da grande schermo. Allo stesso modo i dialoghi si articolano su quelle dissonanze e quelle aritmie che le sceneggiature più convenzionali non contemplano se non all’interno di nevrotiche piece teatrali o, come in questo caso, nelle narrazioni indie. Ci si fissa ad esempio su quei piccoli tilt che si generano quando due persone parlano senza ascoltarsi. Licenze alla francese che un po’ seducono e un po’ irritano, che si piacciono molto più di quanto non si preoccupino di piacere, ma che ricostruiscono infondo fedelmente gli abissi dell’incomunicabilità.

Ben Stiller e Greta Gerwig in Lo stravagante mondo di Greenberg

La stessa logica del “fuoripista” continua ad esercitarsi nella scelta di affidare il ruolo del protagonista ad un attore mainstream come Ben Stiller che per copione viene spogliato della sua comicità e ridotto ad uno spettro infelice e un po’ sinistro. Il sentiero secondario sfocia così a modo suo in una stralunata commedia romantica, mentre Greenberg scopre che può anche beatamente continuare a non farsi piacere nulla, ma non può proprio sottrarsi all’impulso di amare.

"Lo stravagante mondo di Greenberg" è distribuito dalla BIM

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