
A cominciare dalla rinuncia al sorriso da un milione di dollari (come già aveva fatto recentemente in Rock of Ages). Il suo Reacher – seppur di mezzo metro più basso - si avvicina il più possibile al protagonista dei romanzi di Lee Child: freddo, calcolatore, donnaiolo e spavaldo nel momento in cui qualcuno si azzarda a pestargli i piedi. Come sempre la superstar fa sfoggio di tutto l'impegno messo nella identificazione totale con il personaggio, ma il lato migliore del suo Reacher è la consapevolezza della sua età. Ad accentuare i suoi cinquanta anni è l'abbigliamento (il personaggio è un nomade senza valigia che passa le notti nei motel e indossa vestiti anonimi) e il fatto che – sebbene vinca tutti i suoi scontri – le prenda anche lui di santa ragione.

Il talento del protagonista è messo al servizio di Christopher McQuarrie che si dimostra affidabile sia come sceneggiatore che come regista: l'adattamento del romanzo di Child non pecca di infedeltà, quello a cui si assiste è un lungometraggio solido e intenso. Un thriller procedurale, uno di quelli che si vedono sempre meno nell'era della corsa agli effetti speciali digitali e allo spettacolo forzato. Un film che si prende tutto il tempo per scoprire tutte le sue carte e che riserva momenti memorabili a cominciare da un inizio visto attraverso il mirino di un cecchino pronto ad aprire il fuoco in pieno centro a Pittsburgh. Ed è un piacere ritrovare volti noti come Robert Duvall e Richard Jenkins (qui l'intervista) tra i personaggi di contorno. L'unico rammarico è l'uso sottotono del cattivo diabolico interpretato da Werner Herzog, sfruttato male nonostante le sue potenzialità attoriali. Avrebbe potuto davvero dare vita a un villain tra i memorabili del ventunesimo secolo.
Jack Reacher – La prova decisiva è distribuito nei cinema dalla Universal.
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