

Ragazzi miei

Dopo la prematura scomparsa della sua seconda moglie, Joe, ancora sconvolto da questa perdita improvvisa, deve far fronte alle quotidiane difficoltà familiari, cercando inoltre di aiutare il figlio minore Artie a superare il suo immenso dolore. Presto fa la sua comparsa anche Harry, il figlio adolescente di Joe, nato dal suo primo matrimonio, che si unisce, con il proprio bagaglio 'emotivo', in questa difficile situazione. Senza sapere bene come muoversi, padre e figli decidono di lasciarsi alle spalle le convenzioni del mondo degli adulti, optando per una vita basata sulla massima libertà e sregolatezza. Ma quando la situazione si complica, Joe è costretto a riprendere in mano le redini e a comportarsi da genitore, conservando però l'allegria e l'esuberanza sperimentate nell'altro stile di vita.

di Andrea D'Addio
Tratto dall'omonimo romanzo autobiografico di Steven Carr,
“Ragazzi miei”
(in originale “The Boys Are Back”) vede il ritorno dietro la
macchina da presa di Scott Hicks, già firma di “Shine” e “Cuori
in Atlantide”, un regista capace di mantenere il giusto
equilibrio tra drammatizzazione e fluidità del racconto, uno che non
cerca mai la lacrima facile, né si erge ad “autore” ergendosi a
tecnicismi di qualsiasi sorta. Il suo è un cinema fatto di relazioni
personali, bilanci di vita e nuove, piccole sfide con sé stessi.
Temi che ritroviamo anche in questa storia tutta al maschile in cui
tutto è legato da un'assenza. Quella della moglie del protagonista, un
giornalista sportivo di successo che si ritrova improvvisamente vedovo
con un piccolissimo figlio da crescere e un altro adolescente, frutto di
un primo matrimonio fallito, venuto a passare con lui l'estate. I tre
cercheranno un proprio equilibrio all'interno di una situazione tanto
imprevista, quanto apparentemente tendente al peggio. Siamo infatti in
Australia, in un villaggio fuori città, dove è difficile poter contare
sull'aiuto di vicini che non esistono, così come su quello dei lontani
genitori di lei. Il caldo e le distanze rendono tutto più difficile. Lui
si era trasferito anni prima dall'Inghilterra proprio sulla scia di
quell'amore ora purtroppo finito. Che fare ora?
Il rapporto tra i tre, in particolare quello tra Joe e il figlio
maggiore, è al centro di questo film tanto delicato, quanto sincero e
intimista. Nessun luogo comune, la presa di coscienza del lutto che
soffre il protagonista è tanto graduale quanto credibile. Non c'è mai un
eccesso, i personaggi vivono di vita propria senza dover ricorrere a
scene emblematiche che ne giustifichino i comportamenti. La scelta di
inserire solo parzialmente una nuova figura femminile all'interno del
racconto è la prova di quanto non si voglia banalizzare con facili
soluzioni una storia così potenzialmente vicina a tutti noi. Per
rendere sempre interessante e viva una sceneggiatura che, al di là dei
meriti, appare comunque “prevedibile”, serviva un grande attore. Clive Owen lo è.
Dal canto suo Scott Hicks fotografa al meglio l'ambiente circostante,
riuscendo attraverso ai colori della natura dell'ambiente a suggerire
empaticamente anche le emozioni, così come si sofferma con sensibilità
sui vari rapporti anche “fisici” (abbracci, pianti, carezze) che
intercorrono tra i vari personaggi. “Ragazzi miei”
riesce così in definitiva a risultare una buona pellicola di medio
livello, una di quelle a cui è difficile muovere qualche critica
particolare, se non quella forse di accontentarsi di essere
semplicemente più che sufficiente.