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Venezia, John Landis racconta Michael Jackson e Thriller 3D: “Non chiamatelo videoclip”

“Era la persona più famosa al mondo. Non lo invidiavo”. Il regista americano ricorda la lavorazione del leggendario videoclip, restaurato in 3D

Thriller - Michael Jackson

04.09.2017 - Autore: Marco Triolo (Nexta)
Non è la prima volta che John Landis approda alla Mostra di Venezia, e quest'anno il leggendario regista americano torna per presentare il restauro in 3D di Thriller. Il videoclip di Michael Jackson è molto più di un videoclip: è un vero corto di 14 minuti che celebra l'amore per il cinema horror di un tempo, che Landis aveva messo in bella mostra anche nel suo capolavoro, Un lupo mannaro americano a Londra. “Io e Michael abbiamo sempre voluto che Thriller fosse proiettato al cinema. Mi spiace che oggi non sia più qui con noi, perché penso che sarebbe felice di tutto questo”.
 
Landis racconta come nacque uno dei più celebri video della storia della musica pop: “Michael amava Un lupo mannaro americano a Londra e il lavoro di Rick Baker, la scena della trasformazione, e mi chiamò perché voleva fare lo stesso, trasformarsi in un lupo mannaro nel suo video. Dovete considerare che, a questo punto, Thriller era già l'album più venduto di tutti i tempi e aveva già originato due video, Billy Jean e Beat It, di enorme successo. Il video di Thriller lo voleva fare più per vanità, non serviva alle vendite del disco. Perciò, quando gli ho proposto di farne un corto cinematografico, lui era felicissimo. E dopo l'uscita del video, le vendite sono raddoppiate!”.

 
“Michael aveva 24 anni nel 1983, ma io lo credevo diciottenne – ricorda Landis – Con lui ho avuto un rapporto fantastico. Lui era assolutamente determinato ad avere il meglio in ogni campo. Aveva un'etica lavorativa spettacolare, lavorava duro da quando aveva 8 anni”. Ma com'era, in privato, la più grande pop-star del pianeta? “Mike era gioioso e bambinesco, non infantile, perché non aveva mai avuto un'infanzia. Era delizioso. Dopo Thriller prese a venire spesso a casa mia e di mia moglie. Avevamo molti interessi in comune, ci piaceva guardare i cartoni di Chuck Jones e Tex Avery. Ricordo che una volta mia moglie mi chiamò alle 4 del mattino: 'Io capisco che la persona più famosa del mondo è nella nostra libreria... ma deve andare a casa!'”.
 
“Non lo invidiavo – confessa il regista – Non è facile essere una celebrità, io lo so bene, ma essere la più famosa persona al mondo è bizzarro. Subito dopo Thriller, siamo andati a visitare Disneyworld. Fu il momento più spaventoso di tutta la mia vita. Mentre ci facevamo una foto con Topolino, notai che intorno a noi si era radunata una folla di migliaia di persone, a perdita d'occhio. Gente che gridava, piangeva e sveniva. Eravamo circondati da un cordone protettivo, ma ce la stavamo facendo sotto. Mi volto a guardare Topolino e lui fa (imita la voce) 'Oh mio Dio!'. Io pensavo che saremmo morti, che ci avrebbero mangiato. Michael invece era calmissimo e salutava tutti. Poi, come per miracolo, dal nulla spunta una Cadillac nera e ci preleva. La corda si rompe in quel preciso momento e la folla si lancia verso l'auto, si accalca tutto intorno a noi. E Michael ancora salutava tutti con estrema calma! Pensai: ma come fai a vivere così?”.

 
Gli ultimi due ricordi di Landis sono decisamente più agrodolci: “Quando lavorai ancora con lui al video di Black or White, Michael era cambiato. Andavamo ancora d'accordo, ma lui era più guardingo. La differenza maggiore, comunque, stava nel fatto che sul set di Thriller lui lavorava per me, faceva tutto quello che dicevo con entusiasmo. Sul set di Black or White ero io a lavorare per lui”. E sulla morte di Michael Jackson: “Quel giorno dovevo partire per Londra per girare Ladri di cadaveri. Ricordo che, mentre stavo salendo in auto, tre furgoni della TV entrarono di corsa nel mio vialetto e addirittura ci inseguirono per un po'. Io non avevo idea del perché, fu l'autista a dirmi che era morto Michael. Fu uno shock, una tragedia per i suoi figli, i suoi amici e per il mondo intero. Era un performer di talento raro, una figura tragica. Perderlo è stato orribile”.