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Roman Polanski torna in tribunale per l'ultima volta

Il regista polacco intende chiudere per sempre il caso di stupro che lo tormenta dal 1977: andrà in California per un'udienza

Roman Polanski

16.12.2014 - Autore: Marco Triolo
Novità nel caso Roman Polanski: a 37 anni dalle accuse di stupro che ne hanno fatto un esule volontario dagli Stati Uniti, suo paese d'adozione, il regista polacco sembrerebbe intenzionato a porre fine alla questione una volta per tutte. Lunedì, l'avvocato delle celebrità Alan M. Dershowitz ha chiesto alla Corte Superiore di Los Angeles di poter rappresentare il regista in California. Stando al documento, l'accusa sarebbe responsabile di aver fornito false informazioni alle autorità polacche per favorire un recente tentativo di estradare il regista dal paese. Si chiede inoltre un'udienza per chiudere il caso, basata sulla testimonianza che Peter Espinoza, giudice della Corte Superiore nel 2009, avrebbe agito al di fuori dell'etica professionale per ordire un piano allo scopo di incarcerare brevemente Polanski.

Il caso di Polanski risale al 1977, quando fu accusato di aver violentato Samantha Geimer, una ragazza all'epoca tredicenne. Polanski chiese un patteggiamento e fu internato in un istituto psichiatrico per una valutazione, ma fuggì dagli USA quando venne a sapere che il giudice Laurence J. Rittenband voleva imporgli una pena in carcere. Sin da allora, Polanski e i suoi legali hanno sempre asserito che il regista abbia scontato la sua pena, mentre il sistema legale della California afferma il contrario.

Di recente, Polanski, che risiede in Francia e ha ottenuto anche la cittadinanza, ha visitato il Museo della Storia degli Ebrei Polacchi a Varsavia ed è stato interrogato dalle autorità polacche, che alla fine hanno negato l'estradizione. Non è la prima volta che il regista passa guai uscendo dalla Francia: nel 2010 è stato detenuto agli arresti domiciliari in Svizzera dopo aver visitato il Festival di Zurigo. Ma evidentemente l'episodio di Varsavia è stato la proverbiale goccia.

Fonte: The New York Times
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