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Re della terra selvaggia - La recensione

Tra realismo e magia, un film indie ben confezionato ma troppo compiaciuto per appassionare

Re della terra selvaggia - Quvenzhané Wallis

06.02.2013 - Autore: Marco Triolo
La lotta per la sopravvivenza, il rapporto con una natura ostile eppure bellissima, le relazioni umane ridotte a istinti animaleschi. Re della terra selvaggia, film di Benh Zeitlin che ha vinto il Sundance 2012 e si è guadagnato quattro nomination agli Oscar, ruota intorno a questi temi raccontando la storia di una bambina, Hushpuppy (Quvenzhané Wallis) che vive col suo irascibile padre Wink (Dwight Henry) in una comunità della Louisiana chiamata the Bathtub (“la vasca da bagno”), allagata dopo la costruzione di una diga. Costantemente in bilico sul pelo dell'acqua, la gente del posto teme l'arrivo di una tempesta che potrebbe, con i suoi effetti devastanti, costringerli a lasciare le loro case.

Ma si tratta più di catapecchie che di case e Zeitlin ci tiene a reiterare il parallelo con gli uomini che nella preistoria vivevano sulle palafitte, riprendendo più volte Hushpuppy mentre disegna figure che ricordano le pitture rupestri. Il regista si destreggia tra immagini surreali – quelle degli Aurochs, creature antiche risvegliate per lo scioglimento dei ghiacci, immaginate dalla ragazzina – e un realismo quasi documentaristico, con la camera a mano che si addentra nella miseria più nera di un villaggio che esiste fuori dalla civiltà moderna e sopravvive grazie alla pesca, senza avere nessun altro tipo di controllo sulla natura, madre amorevole e spietata distruttrice. La vicina zona industriale, che sorge al di là della diga che li separa dal mondo moderno, è vista dalla comunità come una cosa orrenda, un nemico da tenere lontano. La modernità è qualcosa di incomprensibile agli “uomini delle caverne”, che ne rifuggono anche con violenza.

Spunti interessanti, anche se distribuiti in un film che fatica ad emozionare veramente. Zeitlin sembra più ansioso di dimostrare la sua intelligenza ed è troppo compiaciuto del suo essere “diverso” rispetto al “normale” cinema americano indipendente. Il risultato è un'opera che vorrebbe essere magica ed evocativa, ma che finisce per essere un esercizio di stile un po' snob che alla fine tenta anche di giocarsi la carta del melodramma ma non si sporca le mani, non si mette mai davvero in gioco fino in fondo.

Re della terra selvaggia, in uscita il 7 febbraio, è distribuito in Italia da Bolero Film. 

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