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I cinque film imperdibili di Marco Bellocchio

Dal 1965 a oggi, mezzo secolo di storia del cinema che vale la pena conoscere

08.09.2015 - Autore: Mattia Pasquini (nexta)
Una filmografia che vale la pena recuperare in toto, quella di Marco Bellocchio da Bobbio, in provincia di Piacenza. Un personaggio rimasto storicamente molto legato - pur criticamente - alle proprie origini, sia familiari sia regionali, che tornano spesso nella sua opera. Da sempre fortemente biografica e personale. Come conferma anche l'ultimo Sangue del mio sangue, appena presentato alla Mostra Internazionale di Venezia.

Dopo studi specifici al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma (dove si mise alla prova anche come attore) e grazie al supporto di Andrea Camilleri, è all'inizio degli anni '60 che inizia la carriera che a distanza di 50 anni continua a essere di riferimento per i cinefili italiani, e internazionali (come dimostra la retrospettiva organizzata nel 2014 dal Moma di New York, ultimo di tanti omaggi ricevuti), e che merita esser conosciuta completamente, vista la quantità e qualità offerta.

Una missione impossibile sintetizzarla in pochi titoli, ma sarà un piacere consigliarne cinque che tutti dovrebbero vedere, a partire proprio dall'esordio del 1965…


I pugni in tasca (1965)

L'ambientazione piacentina la dice lunga (per altro la stessa casa dei Bellocchio venne usata come location), ma il dramma che si svolge nell'angusto spazio familiare ha già in sé molto della narrativa dell'autore. La violenza che si scatena dietro la facciata di una borghesia benpensante è emblematica a diversi livelli, soprattutto nel rapporto tra il fratello - apparentemente intuile e indifeso - e la sorella, non del tutto equilibrata.


Il diavolo in corpo (1986)

Tra la Cina è vicina (1967) o Nel nome del padre (1972) e l'Enrico IV del 1984 potrebbe non esser condivisibile la scelta di questo film. Eppure, per estetica e tematiche, il racconto di una passione intrecciata con l'Italia post Anni di Piombo fece molto scalpore. Sicuramente per le polemiche sulla scena di sesso orale di Maruschka Detmers e per l'influenza dello psicologo Fagioli, da tempo vicino al regista.


La condanna (1991)

La fascinazione per l'Arte, la sensazione di smarrimento, non solo fisico, la passione e l'abbandono sono tutti elementi che arricchiscono questa vicenda, per altro claustrofobica. Una donna e un architetto chiusi in un museo passano la notte insieme, ma il giudizio su stupro o seduzione è lasciato aperto… Un conflitto delicato che mosse la giuria della Berlinale del 1991 al punto da consegnargli l'Orso d’Argento del 'Gran Premio'.


Buongiorno, notte (2003)

Il sequestro di Aldo Moro raccontato come nessuno avrebbe potuto. Una pagina della nostra storia importante riletta con un tocco onirico che solo Bellocchio poteva immaginare. Tra lo splendido L'ora di religione (che meriterebbe un discorso a parte) e l'apprezzatissimo Vincere (per spaziare anche nel periodo fascista), la relazione tra prigioniero e aguzzini che vediamo qui messa in scena decisamente entra a buon titolo nella presente 'Top 5'.


Bella addormentata (2012)

Non direttamente, ma anche questo film ha una forte connotazione politica. Soprattutto considerate le polemiche che il caso di Eluana Englaro scatenò in Italia e il sempre delicatissimo tema dell'eutanasia. In questo caso, gli ultimi sei giorni di vita della donna sono il cardine intorno al quale ruotano le vicende dei quattro protagonisti del film. L'ultima partecipazione - fortemente polemica - di Bellocchio al Festival di Venezia, dove l'anno precedente aveva ricevuto il Leone d'oro alla carriera.