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Dario Argento: le mie paure inconsce oltre la quotidianità

Corridoi, scale, piazze e il nuovo film con Iggy Pop; il regista del brivido si racconta a Courmayeur tra ossessioni e incubi

Dario Argento 

Dario Argento 

11.12.2014 - Autore: Alessia Laudati
Un cineasta di culto che decide di abbandonare il ritratto pubblico e i fiumi di parole spesi da altri sul proprio conto, per raccontarsi in prima persona in un’autobiografia spietata e sincera. L’uomo è Dario Argento e Paura è il titolo del romanzo, pubblicato da Einaudi, che il regista ha deciso di presentare in occasione del Courmayeur Noir in Festival
 
Non è casuale nemmeno il legame con la cornice alpina, che come racconta il regista fu il teatro del primo incontro di Dario bambino con gli incubi in cellulosa di Il fantasma dell’opera. La domanda tuttavia sorge spontanea. Visto il titolo del libro e la carriera dell’uomo che ha plasmato i terrori di una generazione, tutti si chiedono quali siano le paure reali di Dario Argento. “Per tanto tempo ho voluto raccontare quel sentimento che tutti proviamo. É la paura dell’ignoto e dell’inconscio che nasce dagli incubi. Si tratta di una paura profonda e diversa da quella quotidiana. La mia è un terrore delle profondità e per questo i miei film sono onirici e non di certo realistici. Le mie paure sono metafisiche, trascendentali, quindi inspiegabili. Non ho paure concrete, piuttosto temo cose come le piazze, le scale e i corridoi. Sono queste le mie ossessioni personali e per questo, quando le racconto sullo schermo, credo di riuscire a renderle reali per il pubblico.”. 
 
 
Come spiega il regista, non siamo però di fronte a un saggio cinematografico che racconta la drammaturgia del terrore. Il tentativo è soprattutto quello di raccontarsi con verità. “Ho scritto questa autobiografia perché su di me sono state scritte tante cose contraddittorie, sbagliate e inventate. E a un certo momento ho avuto il desiderio di raccontare la verità. Sono stato in questo senso  ispirato dalla lettura dell’autobiografia di Ingmar Bergman. Nel libro raccontava tutto di sé; delle simpatie naziste, della tristezza che aveva e dei problemi con i produttori. E ho pensato che anch’io dovevo raccontare la verità e anche i fatti imbarazzanti. Odi, amori, imbarazzi, c’è tutto, anzi quasi tutto, in questo 350 pagine.”. 
 
Tra le pieghe del racconto appare chiara l’eredità che il regista romano intrattiene con uno dei maestri dell’inconscio; Sigmund Freud. Per l’artista si tratta quasi una sorta di padre spirituale. “L’incontro con Freud arriva presto. Ero meno che adolescente quando in seguito ad una febbre lessi una sua opera per la prima volta. Non lo capii fino in fondo ma intuì la forza della sua scrittura. Oggi per me è un maestro e ogni anno vado in pellegrinaggio nel luogo dove abitò per anni. Con Freud condivido i dubbi sulla memoria. Credo che essa ci restituisca immagini poco esatte. Ogni volta che vedi qualcosa, in realtà stai filtrando le immagini attraverso la tua cultura e il tuo passato. Per questo anche nei miei film racconto la fallacità della memoria”. 
 
E con un esercizio di memoria il regista torna indietro negli anni al momento dell’esordio al cinema con L’uccello dalle piume di cristallo. Un film che non fu un immediato successo e che venne in principio molto contestato dai vertici delle Titanos. “Mi ricordo che alla Titanos venne proiettato il film montato per la prima volta. Io non c’ero ma c’era mio padre. Mentre i vertici dell’azienda e Goffredo Lombardo si riunirono per discutere del film mio padre chiese alla segretaria cosa ne pensava del film. Lei rispose che non aveva mai avuto tanta paura in vita sua. Poi uscì Lombardo e commentò che la segretaria non poteva saperne molto di paura, ma dopo il successo del film fu lui stesso a chiamarmi per congratularsi e dirmi che era un film che avevano sempre voluto.”.
 
Di piccole vendette e soddisfazioni è costellata la storia personale del regista, come nel caso di un curioso aneddoto riguardante l’esperienza come critico cinematografico presso Paese Sera. “Ero un lettore accanito fin dal ginnasio, ma nonostante ciò leggevo ciò che mi piaceva eludendo spesso i consigli dei professori. Forse per questo fui bocciato un anno. Poi succede che mentre lavoravo al Paese Sera, era un’estate, il direttore mi chiamò e mi chiese se la volevo dirigere la pagina culturale per un mese, vista l’assenza del responsabile. Dopo qualche giorno si presenta la professoressa di lettere, allora era collaboratrice del giornale, proprio la stessa persona che mi bocciò e che veniva adesso per portare un pezzo. Allora mi misi con lei a correggerlo e sinceramente non mi piacque. Ci trovammo così nella stessa situazione del passato ma con ruoli invertiti con io che le correggevo il documento. Quella per me fu una vera e propria vendetta.”. 
 
Infine l’incontro si chiude con una breve carrellata sui progetti futuri: “Girerò un film tratto dal fumetto L’uomo di sabbia con Iggy Pop, una personalità curiosa che ho conosciuto a New York e che sarà il protagonista cattivo del mio film.".