Le idi di Marzo
Tratto dal play di Beau Willimon, il film racconta la storia di un ragazzo idealista, membro dello staff di uno dei candidati alla Presidenza USA. Resterà travolto da giochi di potere e politici corrotti, proprio nel bel mezzo della campagna elettorale.
Un'opera che lascia a bocca aperta. Non c'È altro modo per definire “Le idi di marzo”, quarta regia di George Clooney che l'autore ha presentato alla Mostra di Venezia. GiÀ “Good Night and Good Luck” ci aveva allertato, ma stavolta Clooney realizza un completo home run e soprattutto vince su un terreno solitamente minato: l'adattamento di un testo teatrale. I problemi in questo tipo di operazioni sono fondamentalmente due:
primo, si rischia di realizzare un film dall'impianto, manco a dirlo,
teatrale, dunque statico e che poco sfrutta la dimensione aggiuntiva del
cinema. In secondo luogo, quando attori di grande talento si trovano a
“masticare” un copione di stampo teatrale, il rischio È che si tramutino
in un'allegra compagnia di gigioni insopportabili. Se nessuna delle due
cose accade, il merito È pienamente di Mr. Clooney: da un lato, sa
infondere al suo film un ritmo lento ma costante, capace di esplodere
quando le carte vengono scoperte e le azioni dei personaggi arrivano al
pettine. Dall'altro si dimostra sensibile e accurato nel dirigere i
propri attori, cosa che deve risultare di certo piÙ semplice a quei
registi che vengono dalla recitazione, ma non È scontata.
Il risultato È un dramma politico girato come un thriller,
in cui ad ogni azione corrisponde una reazione solitamente tremenda, e
in cui ogni personaggio gioca con gli altri come se fossero pedine in
un'enorme scacchiera. In particolare citiamo Paul Giamatti,
maestro manipolatore dall'aspetto quasi dimesso ma che nasconde un
cinismo senza precedenti. Un cinismo che, inizialmente, sembra invece
non intaccare per nulla il giovane Stephen Myers (Ryan Gosling), che guida la campagna del candidato alla presidenza Mike Morris (Clooney) sotto l'esperta supervisione di Paul Zara (Philip Seymour Hoffman).
Stephen ha visto giÀ tante campagne elettorali, pur avendo solo
trent'anni, ma ancora È un idealista che antepone ciÒ che ritiene giusto
al semplice guadagno personale. Ma sta per scoprire quanto sordido
possa essere quel mondo.
Quando si avvia alla conclusione e le trame si chiudono, incastrandosi come uno stupendo meccanismo ad orologeria, “Le idi di marzo” cala la maschera e si palesa in tutta la sua agghiacciante, sconvolgente onestÀ. Clooney ha detto che con questo film voleva parlare soprattutto di
morale, ma È innegabile che, anche a livello politico, si aprano scenari
inquietanti. Lasciando perÒ piÙ domande insolute che risposte, Clooney
evita anche la trappola del qualunquismo, del “tanto sono tutti uguali”.
Standing ovation per tutto il cast: Hoffman, Giamatti, Marisa Tomei ed Evan Rachel Wood danno il massimo, ma Gosling ruba la scena a tutti. Il suo Stephen emana un'intensitÀ capace di oscurare i pur ottimi
colleghi, e non stupirÀ vederlo gareggiare agli Oscar 2012 come miglior
attore.
Gli ideali finiscono fuori dalla finestra, la lealtÀ È un sentimento
vecchio e gli amici sono pronti a pugnalarti alle spalle: proprio come
in quel lontano giorno del 44 a.C., quando la democrazia imparÒ la sua
prima, sanguinaria lezione.
di Marco Triolo