Qualcuno da amare

Qualcuno da amare - Poster

Storia d'amore surreale tra una studentessa giapponese, che si concede ad uomini facoltosi per pagarsi gli studi, e un vecchio professore che si prende cura di lei.

VALUTAZIONE FILM.IT
TITOLO ORIGINALE
Like Someone in Love
GENERE
NAZIONE
Francia
REGIA
CAST
DISTRIBUZIONE
Lucky Red
DURATA
109 min.
USCITA CINEMA
24/04/2013
ANNO DI DISTRIBUZIONE
2012

Abbas Kiarostami non lo scopriamo oggi, né il cinema iraniano dei vari Jafar Panahi, Rafi Pitts e Makhmalbaf, ma in questo caso colpisce l'intreccio di questa cinematografia con una ambientazione orientale – e giapponese – particolarmente significativa.
Dopo il dimenticabile Copia Conforme, il regista di Ten e Il sapore della ciliegia continua a parlare di amori in maniera molto personale. Stavolta attraverso la storia di Akiko, giovane 'accompagnatrice' divisa tra una notte nella casa dell'anziano professore che ne ha richiesto i servizi e il proprio fidanzato all'oscuro di ogni cosa.

Tre soli personaggi, tre vite che si intrecciano per un breve momento, orchestrati da una regia attenta e curata, forse a tratti fine a se stessa, e una organizzazione che lascia molto nell'indefinito tanto le premesse (comunque intuibili) quanto gli esiti (lasciati più alla creatività dello spettatore). L'importante è il 'qui e ora', ma tanta ellissi rischia di apparire un po' comoda per un regista capace di ben altri approfondimenti. Di contro la scelta di una ambientazione claustrofobica e della ripetizione di gesti e situazioni ipnotizza e rende la prima porzione del film migliore della seguente, anche per la suddetta mancanza (voluta?) di risoluzione.

Se vi mancavano le dilatazioni e le fissità tanto care al regista iraniano, sarete sicuramente soddisfatti. Anche grazie a interpretazioni ben calibrate e – soprattutto nei due principali – toccanti. Per il resto tanta solitudine, bugie, vigliaccheria, sogno, confusione. Di ruoli soprattutto, e aspettative. Un film triste e divertente insieme. Forse un film furbo, ma anche ricco di spazi vuoti nei quali far scivolare la propria sensibilità.

di Mattia Pasquini