Maze Runner - La rivelazione

Maze Runner: La Rivelazione

Nell'epico finale della saga di Maze Runner, Thomas guida il gruppo di fuggitivi verso la loro ultima missione, quella più pericolosa. Per salvare i loro amici, i protagonisti dovranno entrare nella leggendaria Ultima Città, un labirinto controllato dalla C.A.T.T.I.V.O. che può in qualsiasi momento diventare un posto mortale. Chi riuscirà a sopravvivere avrà le risposte che tutti hanno cercato sin dall'inizio della saga.

VALUTAZIONE FILM.IT
TITOLO ORIGINALE
Maze Runner: The Death Cure
GENERE
NAZIONE
Stati Uniti
REGIA
CAST
DISTRIBUZIONE
20th Century Fox
DURATA
142 min.
USCITA CINEMA
01/02/2018
ANNO DI DISTRIBUZIONE
2018
di Mattia Pasquini
 
La fuga da Il labirinto si è conclusa, oggi è il momento di Maze Runner - La rivelazione, terzo film di Wes Ball e della trilogia della quale è stato regista sin dall'inizio. Ma ogni rivelazione presuppone delle conseguenze, anche se la saga originale - nata dai romanzi di James Dashner - continuava poi con dei prequel e qui il franchise sembra chiudersi con un finale sufficientemente elegiaco e consolatorio, per quanto potenzialmente aperto. Il problema è semmai che per arrivarci il percorso si è andato facendo sempre più prevedibile e forzato da rendere quanto meno poco consigliabile insistere sull'argomento.
 
L'attacco al treno iniziale lascia ben sperare, ma l'azione è talmente iperbolica e incredibile che anche la sospensione dell'incredulità viene messa a dura prova, e forse miete già le prime vittime tra gli spettatori. Ben disposti a proseguire, per scoprire l'esito di questo annunciato "capitolo finale". Che non lesina azione, dramma e i piani articolati che nel secondo avevano fatto la fortuna del Thomas di Dylan O'Brien (persino infortunatosi su questo set). Ma che purtroppo viene meno proprio nella varietà delle soluzioni offerte.
 
Onore al merito del trentasettenne regista, che imparando dai propri sbagli - e memore della buona prova offerta tra le mura del Labirinto del primo Maze Runner - torna a restringere l'orizzonte e ambienta le sequenze migliori all'interno della tanto vituperata W.C.K.D., in corridoi claustrofobici e lucasiani. Ridotti i rischi di agorafobie pericolose, si nota la cura visiva dedicata alle scene, rese più facili da gestire e fotografare (soprattutto da un ex visual effect supervisor come lui), che purtroppo non fa che lasciare la sensazione di aver perso una buona occasione.
 
Il film, infatti, si allontana nel suo incedere. Per il ripetuto sfruttamento di alcuni strumenti narrativi ed escamotage, che uccidono ogni possibile thrilling, e per la trasformazione dell'eroe in un messia aggressivo e determinista poco credibile e privo di un effettivo physique du rôle. Il risultato finale è una confezione vuota, una raccolta della quale già conosciamo il contenuto e che - dopo aver mostrato fin troppo pudore - concentra i suoi drammi maggiori nel momento di minor impatto emotivo. Più interessante, per chi riuscirà a vedere il film in originale, l'attenzione al linguaggio dei ragazzi, molto diversi tra loro per inflessioni, provenienza ed estrazione e (ammesso che fosse voluta) la citazione del Billy Wilder di A qualcuno piace caldo.