Julieta

Julieta

Julieta, una professoressa di cinquantacinque anni, cerca di spiegare, scrivendo, a sua figlia Antia tutto ciò che ha messo a tacere nel corso degli ultimi trent'anni, dal momento cioè del suo concepimento. Al termine della scrittura non sa però dove inviare la sua confessione. Sua figlia l'ha lasciata appena diciottenne, e negli ultimi dodici anni Julieta non ha più avuto sue notizie. L'ha cercata con tutti i mezzi in suo potere, ma la ricerca conferma che Antia è ormai una perfetta sconosciuta.

VALUTAZIONE FILM.IT
TITOLO ORIGINALE
Julieta
GENERE
NAZIONE
Spagna
REGIA
CAST
DISTRIBUZIONE
Warner Bros
DURATA
99 min.
USCITA CINEMA
26/05/2016
ANNO DI DISTRIBUZIONE
2016
di Mattia Pasquini

Ci sono registi con i quali è difficile elaborare la delusione, molto più che ammetterla. Pedro Almodòvar è uno di questi. Facile decidere di non aver amato un suo film, come il Julieta con cui si è presentato al Festival di Cannes appena terminato (che non a caso l'ha ignorato nel suo Palmares). Più arduo definirlo semplicemente brutto, o non riuscito. Soprattutto mentre si cerca di analizzarne le parti, per declinare un giudizio. Mentre tra i tanti ricordi, suoi e nostri, emerge altro: intenzioni e passione, come sempre.

Il rivivere una storia d'amore a distanza, anche di tempo, attraverso un racconto non potrà non dare l'impressione di esser tornati a Gli abbracci spezzati, come i corpi nudi degli amanti ricordano l'adulterio di Carne Tremula e l'amore sbocciato in ospedale lo splendido Parla con lei, insieme alla vergogna per una Mala educacion cattolica e la solitudine silenziosa di tante donne del cinema del manchego. In fondo il titolo originale del film doveva essere proprio 'Silencio' (come il titolo di uno dei racconti di Alice Munro - insieme a 'Destino' e 'Pronto', del libro 'In fuga' del 2004 - dai quali è adattata la sceneggiatura), quello nel quale la Julieta adulta di Emma Suárez si chiude, quello al quale la sua versione giovane (Adriana Ugarte) viene condannata, dalla figlia (Priscilla Delgado).

Non sono loro le sole figure femminili della storia, ma sono le più importanti (senza dimenticare la Marian della splendida Rossy de Palma). Quelle che di fatto - dopo dieci anni - segnano un ritorno a quel cinema 'di donne' che ci aveva regalato la mervigliosa stagione melò dell'Almodòvar di inizio millennio. Sono donne condannate al mistero, a occuparsi delle debolezze altrui, a capirle, a rassegnarvisi. Salvo scontare l'eterno senso di colpa conseguente ai tentativi di reazione che si concedono.

Una condanna alla quale non sfugge nessuno, nemmeno il regista, che ammette di aver provato "senza accorgersene" lo stesso senso di colpa che caratterizza il film. E che non risparmia nessuno dei suoi personaggi. Forse solo gli uomini, disposti ad accettare il destino che li aspetta, di morte o di abbandono, e a cercarlo. Passivamente. Come fa in parte proprio Julieta, il cui 'crollo' è però troppo radicale, e brusco, buono soprattutto per evidenziare la forza delle due giovani pronte ad accudirla. Una forza che non si palesa a difendere il rapporto creato, tenuto nascosto anch'esso. E vissuto come colpevole, sbagliato, per colpa di un fanatismo religioso che nel cinema di Almodovar era stato meglio raccontato e stigmatizzato.

Probabilmente perché mostrato nella sua triste diffusione e non così inutilmente insistito in un crescendo didascalico che ne fa solo l'ultimo di una serie di motori narrativi poco convincenti e visibilmente artefatti. La frustrazione, il dolore, la paura, la solitudine, l'amore, la vergogna, la gelosia, il rancore, il rammarico, la colpa si alternano. Costantemente adattati alla situazione in un gioco di ripetizioni che vorrebbe essere 'thrilling' (come sottolineano - di nuovo, troppo - i contrappunti musicali di Alberto Iglesias), ma che resta dramma.

Impossibile parlare di confusione per un cineasta che si è mostrato tante volte tanto abile nel trattare temi e personaggi che ancora evidentemente lo emozionano, né di poca capacità nel costruire con certi elementi architetture pari a quelle che anche in questo caso vediamo realizzate sulla scena. E la commovente geometria delle riprese, anche aeree, come la parcellizzazione dei colori e i loro contrasti (meravigliosi, al sollito) non bastano però a consolarci della sgradevole impressione di trovarci di fronte a un superficiale affidarsi a certi accadimenti o escamotage per giustificare alcune svolte nello sviluppo.

Almodòvar lo sa, e lo dice: "quasi tutti i miei film convincono la seconda volta che si vedono. Julieta sicuramente verrà apprezzato maggiormente dopo averlo già visto una volta. Vorrei convincere mio fratello a invitare a una seconda visione tutti gli spettatori che hanno già visto il film. Le persone non si conoscono, né si apprezza la loro compagnia, al primo incontro. Con Julieta succede la stessa cosa". Non siamo convinti, ma probabilmente lo faremo. Tenendo le dita incrociate.