A Quiet Passion

A Quiet Passion

La storia della celebre poetessa statunitense Emily Dickinson dagli anni della trasgressiva giovinezza alla vita adulta di auto reclusione. La poetica silenziosamente ribelle di Terence Davies trova, in questo poliedrico e controverso personaggio, un ottimo spunto per mettere a frutto il suo passato di fine conoscitore dell’animo femminile, dando vita ad alcune sequenze che rasentano il sublime. Il risultato è un preciso ritratto dell’artista americana, privata del mito e definita unicamente come essere umano.

VALUTAZIONE FILM.IT
TITOLO ORIGINALE
A Quiet Passion
GENERE
NAZIONE
United Kingdom
REGIA
CAST
DISTRIBUZIONE
Satine Film
DURATA
125 min.
USCITA CINEMA
14/06/2018
ANNO DI DISTRIBUZIONE
2016
di Gian Luca Pisacane

Il cinema di Terence Davies affascina per la cura dell’immagine. Niente è lasciato al caso: gli attori si muovono seguendo quasi una danza, in armonia con l’ambiente. Si creano splendide geometrie, richiami pittorici, che si avvicinano più a un quadro che al grande schermo. La luce del sole illumina i corpi attraverso le finestre, in sequenze spesso statiche, dove i movimenti sono ridotti al minimo. Ogni gesto è calcolato, quasi innaturale, ma è vita. Anzi è cinema che rappresenta la vita nella sua essenza, al di là di ogni eccesso naturalistico oggi tanto di moda…

In A Quiet Passion, siamo nell’America di Gettysburg, di George Washington, quella in cui ha vissuto la grande poetessa Emily DickinsonAncora una volta Davis racconta la storia di una donna schiacciata dal peso dell’esistenza. In Sunset Song, ambientato nella Scozia contadina, una donna si toglieva la vita per la nuova gravidanza impostale dal marito. Hester, la protagonista de Il profondo mare azzurro, era sopravvissuta a un tentato suicidio. Nei suoi film, sempre in costume, Davies indaga la condizione femminile, fa il ritratto di una società puritana, che si nasconde dietro alla religione e al perbenismo. A Quiet Passion, sofisticato biopic sulla poetessa Dickinson, si concentra sul suo animo ribelle, sulla sua ricerca della libertà sempre soffocata. Fin da ragazza, quando era a scuola, si rifiutava di sentirsi cristiana solo per uniformarsi al pensiero comune. Si opponeva al conformismo, non accettava le costrizioni. Raramente usciva dalla sua casa, e si rifugiava nella scrittura, nei versi delle sue poesie. Cercava la verità nelle piccole cose, trasmetteva la sua sofferenza nei testi che non le hanno mai lasciato pubblicare. L’apparente tranquillità del mondo si scontra nel film col suo spirito indomito, con una solitudine viscerale da cui ha tratto la sua forza. 
 
Keith Carradine interpreta un padre severo ma amorevole, che ha sempre cercato di rendere la figlia felice. Ma Dickinson era una vittima dei suoi tempi, in cui gli americani “facevano dell’ipocrisia la loro forza”, come ci spiega la protagonista durante una passeggiata in giardino. In pubblico bisognava mostrare una condotta irreprensibile, ma appena si rientrava in casa tutto era concesso, se si portavano i pantaloni. Un uomo poteva tradire la moglie, ma non il contrario. 
 
Davies punta la macchina da presa su chi deve soffocare la propria identità per il “pensiero comune”, sui sogni negati. Dickinson stessa sa che il successo potrà solo essere postumo, perché gli editori non le danno alcuna possibilità in quanto donna. Il suo è uno strazio quotidiano, un dolore che passa attraverso gli sfoghi con la sorella e l’invidia per il fratello, che può seguire la propria vocazione. Il film è la cronaca di una passione repressa, con una raffinata messa in scena e soprattutto con i versi toccanti, gli appassionati componimenti di una delle figure più significative dell’Ottocento.