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Rapunzel - La nostra recensione

Divertente cartoon con un bel 3D. L'azione si mescola al romanticismo... ma la favola che fine ha fatto?

Rapunzel - L'intreccio della torre

25.11.2010 - Autore: Federica Aliano
Di “licenze di riadattamento” la Disney se ne era prese parecchie già con "Aladdin", ma con “Rapunzel”  supera se stessa. Del resto se la fiaba dei fratelli Grimm ripresa anche da Calvino ("Prezzemolina") non era mai stata trasposta in cartoon un motivo c’è – e non è, come ci hanno fatto credere, la difficoltà di “gestire” tutti quei capelli o il fatto che raccontare di una fanciulla sempre chiusa in una torre risulti troppo statico. La verità è che la favola originaria narra di rapporti prematrimoniali apertamente, di un parto gemellare prima del matrimonio, e di isolamento per la vergogna. La fiaba affonda le sue radici nel mito greco di Danae e, anche saltando il rapporto clandestino del principe con Raperonzolo, si sarebbe comunque potuto restare più fedeli al racconto. L’unico aspetto che invece la casa di Topolino mantiene, per giunta esasperandolo, è la metafora della genitrice iperprotettiva, ma lo falsifica con il mito della magia e della promessa di eterna giovinezza e beltà.

Rapunzel

Sicuramente il divertimento non manca, più per i grandi che per i piccini, dal momento che la Disney non solo non rispetta le fiabe, ma non ha più il fegato di correre i suoi rischi e di raccontare un sogno, quello di incontrare un principe che sposi la fanciulla, riducendo così il target alle sole bambine. Ecco allora che il principe diventa un manigoldo, quella con la “dote” è Rapunzel e tanta azione si sprigiona durante il loro viaggio – almeno anche i maschietti potranno guardarlo e identificarsi nel desiderio malsano di voler fare tanti soldi. E non è che questa Rapunzel bondage dai piedi sempre nudi si presti a meno doppi sensi rispetto a quella che riceveva le visite del principe di notte, di nascosto dalla matrigna. E il sogno, se non è più quello di incontrare un uomo, si riduce al voler vedere dal vivo delle lanterne. Della serie: punta in basso, ragazzina.

Rapunzel

Poco da dire dal punto di vista tecnico: le location sono dettagliate, il 3D è luminosissimo e qualche tecnologia è stata infilata a forza (rottura della diga e gestione di galloni e galloni d’acqua), peccato per i personaggi, talmente stilizzati da risultare poco espressivi. E sarà meglio sorvolare sul pessimo doppiaggio di Laura Chiatti.
Certo, adesso chi non vorrebbe avere un camaleonte come animaletto personale – o in alternativa un vecchietto beone vestito da Cupido?
Se preso come film animato, Rapunzel – L’intreccio della torre” è lontano dal capolavoro, ma è comunque un prodotto ben confezionato. Però non è la favola dei fratelli Grimm, e se gli fosse stato dato un altro titolo, allora si serebbe forse potuto apprezzare. Mantenere un titolo e raccontare tutt’altro, invece, è come il brutto "King Arthur" di Fuqua. Aspettiamo che qualcuno porti sullo schermo la fiaba di Raperonzolo. La Disney non lo ha ancora fatto.

Per saperne di più

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