NOTIZIE

Chernobyl Diaries: intervista a Oren Peli

Intervista al produttore del film e nuovo Re Mida del low budget, regista di "Paranormal Activity"

Chernobyl Diaries - La mutazione

15.06.2012 - Autore: Marco Triolo
C'è un posto, in Ucraina, pericoloso e affascinante allo stesso tempo: è la città abbandonata di Pripyat, vicina all'impianto nucleare di Chernobyl, dove nel 1986 ebbe luogo la più nota e drammatica catastrofe nucleare della storia. Prypiat è un luogo unico al mondo, perché è stato evacuato dal giorno alla notte. In quasi trent'anni, i palazzi sono stati invasi dalla vegetazione, ma l'aria è ancora in gran parte malata. Tutto contribuisce a creare l'atmosfera perfetta per un horror inquietante. Detto, fatto: ecco “Chernobyl Diaries - La mutazione”, film diretto da Bradley Parker che arriverà presto sui nostri schermi. Vi presentiamo un'intervista esclusiva a Oren Peli, noto regista di “Paranormal Activity”, qui sceneggiatore e produttore.

Oren Peli intervista Chernobyl Diaries La mutazione - Una scena del film

Come è nata l’idea di “Chernobyl Diaries”?
Un giorno ero su Internet e mi sono imbattuto in dei foto-blog di ragazzi che avevano fatto questi stessi tour estremi, facendo foto e video e postandoli online. Io l’ho trovata una cosa affascinante, perché naturalmente conoscevo bene il disastro di Chernobyl, ma non sapevo niente della città abbandonata di Pripyat, che era stata praticamente evacuata nel giro di una notte. Gli abitanti non ebbero neanche la possibilità di portarsi via gli effetti personali. È come se la popolazione fosse sparita dal giorno alla notte. E il posto è rimasto congelato nel tempo e invaso dalla natura selvaggia. Per quanto ne sappia non esiste sul pianeta Terra un posto paragonabile a questo, quindi è molto inquietante, molto triste ed estremamente spaventoso. Per me era una location fantastica per un horror.

Perché è anche un luogo pieno di fantasmi?
Così dicono.

Non si corre alcun pericolo ad andarci?
Io ero completamente ignaro del fatto che si potesse visitare la città. Pensavo che la zona sarebbe rimasta contaminata per migliaia di anni, ed effettivamente ci sono alcune zone da cui è meglio tenersi alla larga, quelle zone della foresta dove è andata a finire la maggior parte della nuvola radioattiva. Lì, sì, è pericolosissimo. Ma se sai dove andare e hai con te un contatore Geiger e sei in compagnia di una guida esperta che conosce le zone contaminate, allora, almeno così dicono, la radiazione a cui sarai esposto è paragonabile a quella di un volo transatlantico. Quello che abbiamo scoperto, però, ed è importante tenerlo presente, è che anche dove i livelli di radiazione nell’aria non sono particolarmente alti, a volte camminando, uno si trova a sollevare polvere e  se le particelle di polvere radioattiva ti entrano nei polmoni, potresti avere dei problemi. Non so se personalmente consiglierei a qualcuno di andarci.

Una clip esclusiva del film                  

Avete costruito dei set, o avete trovato una città simile a Pripyat?
Beh, si tratta di un misto di varie location. Abbiamo trovato una base aerea abbandonata in Ungheria, in mezzo alla campagna, a un’ora e mezzo di macchina da Budapest. Era stata costruita dai sovietici più o meno nello stesso periodo di Pripyat ed è stata abbandonata dai sovietici più o meno all’epoca del disastro di Chernobyl. Quindi, dal punto di vista storico e architettonico, era quasi identica alla città. Abbiamo anche usato molti interni in Serbia che, per via della guerra, erano in uno stato di abbandono e degrado. Poi abbiamo usato effetti visivi e immagini generate al computer per espandere e accrescere le location.

Tutto questo ha aiutato gli attori a entrare nell’umore giusto?
Assolutamente sì. C’era un posto in Serbia dove abbiamo girato, dei tunnel costruiti dai nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale, abbandonati da allora. E lì abbiamo provato sensazioni di grande disagio. Era pieno di stanze e di tunnel bassi e strettissimi, e quasi tutti della troupe hanno preso delle testate. Era un luogo abbastanza pericoloso. Abbiamo girato lì per qualche giorno e vi garantisco che non è stato affatto piacevole.

Prima hai detto che si sono spesso trovati a lavorare in condizioni difficili. Come se la sono cavata? Sono rimasti uniti?
Sì, è inevitabile, perché passi tanto tempo insieme a fare queste cose adrenaliniche e pazzesche e tutto il gruppo è sempre rimasto molto unito. Anche nei giorni di riposo andavano in giro insieme a tutt’oggi molti di loro sono rimasti amici e si sentono di tanto in tanto. Era un gruppo molto affiatato, presi tutti insieme dall’idea che stavano facendo qualcosa di molto speciale. E hanno lavorato duro in condizioni non proprio ideali. Si sono trovati a fare della roba molto fisica, a fare delle scene anche in condizioni di pericolo. Hanno tutti reagito molto positivamente a una situazione non facile.

Oren Peli intervista Chernobyl Diaries La mutazione - Una scena del film

Secondo te perché al pubblico piace essere terrorizzato?
Penso che la paura sia un’emozione umana fondamentale. Ai tempi degli uomini delle caverne ogni giorno era una lotta per la sopravvivenza e per mangiare dovevi andare a caccia e dovevi rischiare la vita solo per sopravvivere. E non sapevi se sarebbe arrivato qualche animale a sbranarti nella tua caverna senza che neanche te ne rendessi conto. Quindi, la paure e l’adrenalina facevano parte delle vita di tutti i giorni. Oggigiorno, nella società moderna, non accade mai qualcosa di veramente spaventoso come allora – la cosa più terrificante è affrontare il traffico quando devi andare a lavoro, per tutto il resto abbiamo delle vite abbastanza tranquille. Secondo me, quando uno ha l’opportunità di attivare quelle emozioni primitive e di avere una carica di adrenalina in un ambiente sicuro e controllato, è qualcosa che piace. Per questo uno va nei Luna Park e sull’ottovolante e va a vedere i film horror – perché è un modo sicuro di godersi quelle emozioni crude e primitive che altrimenti non avresti mai l’opportunità di vivere.

Al momento sei considerato uno dei nuovi Re Mida di Hollywood. Come vivi questa situazione. È importante restare in contatto con le tue radici e coi fan che vanno a vedere i tuoi film?
Assolutamente sì. Al momento sto attraversando questa folle avventura hollywoodiana e il viaggio mi sta piacendo, insieme alle opportunità che mi sta dando. Questo finché dura, poi se tutto finisce, sarò felicissimo di tornare alla mia vecchia vita con gli amici di sempre e avrò dei bellissimi ricordi di “quell’epoca pazzesca in cui facevo cinema”. Ed è importante per me tenere sempre ben presente che fino a poco tempo fa ero un outsider, un grande appassionato di cinema, quindi sicuramente mi identifico con le emozioni provate dai fan quando sanno che sta pe uscire un nuovo film figo e per questo apprezziamo tanto tutti i fan di “Paranormal Activity” e cerchiamo di coinvolgerli il più possibile, con proiezioni ed eventi speciali. Il tutto perché sappiano veramente quanto li apprezziamo.

Ma in generale, su che base decidi quali film dirigere?
Non c’è una formula specifica, decido caso per caso in base al materiale, ai miei impegni, a quanto tempo potrei dedicare al progetto. Quindi ci sono molti fattori diversi e, per esempio, Chernobyl Diaries non l’avrei potuto dirigere perché avevo tantissime altre cose di cui occuparmi. Il mio socio produttore, Brian Witten, mi ha detto ‘elaboriamo la storia e la facciamo girare a qualcun altro, così stai tranquillo..’ e mi ha convinto, perché inizialmente non sapevo neanche se avrei avuto il tempo di occuparmene da produttore. Ma lui si è assunto gran parte del peso lavorativo e quindi siamo riusciti a farlo.

In uscita il 20 giugno, “Chernobyl Diaries” è distribuito in Italia da M2 Pictures. Qui potete vedere il trailer.