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Hollywood e i supereroi: “Aspettiamoci almeno altri vent'anni di sequel”

L'intervista esclusiva a Matt Tolmach, produttore del nuovo Spider-Man che annuncia: “Questo franchise vivrà più di me”

16.04.2014 - Autore: Pierpaolo Festa
In inglese si dice “Milk the cow” (lett: mungere la vacca), espressione che indica lo sfruttamento di un unico business finché c'è ancora "tanto latte". Se è vero che negli ultimi quindici anni il cinema americano del grande pubblico ha investito in adattamenti e franchise - rinunciando a originalità nel nome di un linguaggio visivo serializzato al pari passo della TV con sequel, prequel, spin-off e remake – è anche vero che non abbiamo ancora visto niente. La "vacca" in questione non ha ancora veramente iniziato a produrre il vero latte. Parola di Matt Tolmach, produttore di The Amazing Spider-Man 2 che Film.it incontra a Roma per parlare di futuro dei film dei supereroi, sacrificio dell'originalità nel nome di una fidelizzazione di spettatori e di quanto la tecnologia possa cambiare le carte in tavola nell'arco di ventiquattro ore.


Jamie Foxx nei panni di Electro

Matt avete annunciato in contemporanea altri due sequel di The Amazing Spider-Man e due spinoff incentrati su Venom e I sinistri sei. Quanto la velocità di realizzarli un anno dopo l'altro può essere nemica della qualità?
Non te lo puoi permettere quando hai a che fare con questi film. Da produttore di un franchise devi considerare in primis il coinvolgimento dell'audience e il fatto che i film arrivino in sala con un intervallo di tempo preciso. In altre parole non puoi assentarti dagli schermi per cinque anni, devi pensare al tuo pubblico. È vero, lo Studio ti pressa affinché il film sia pronto entro la data di uscita prestabilita, eppure non è questo che deve guidare un progetto, tutto sta nel trovare una storia che vale la pena raccontare. Nel caso di Spider-Man la sfida è anche quella inversa: le storie non mancano mai grazie all'immensa fonte dei fumetti, il problema invece è sceglierne una sola e raccontare solo quella.

A due anni dal reboot, quanto con questo nuovo sequel vi siete allontanati dallo spettro dei film di Sam Raimi?
È un'ottima domanda e la risposta è: tanto. La prima domanda che chiedevano tutti due anni fa era: “perché avete fatto questo reboot subito? Che è successo a Sam Raimi?”. Devo dire che questa volta nessuno ce lo ha chiesto, perché credo che le persone abbiano capito. Alla fine abbiamo fatto la cosa giusta, avevamo bisogno di tornare alle origini e introdurre questo nuovo universo di Andrew Garfield e Marc Webb. Adesso finalmente abbiamo fatto “un film di Spider-Man”: questa volta lui è già un eroe e questo ci permette di iniziare una nuova trilogia.

Recentemente Kevin Feige, presidente dei Marvel Studios, ha rivelato che il business plan dei loro sequel include film almeno fino al 2028. Quanto questa pianificazione è prematura e rischiosa? Anche voi alla Sony credete sia possibile? Avremo a che fare con ondate di prequel, sequel e spinoff anche tra vent'anni?
Sì, almeno finché ci sarà la qualità. Raccontiamo storie serializzate e credo che per ogni generazione ci sarà un film di riferimento. Pensate a Guerre stellari e ai nuovi sequel che tutti stiamo aspettando e che arrivano a più di trent'anni dalla serie originale. Queste storie sono senza tempo. E' anche una questione di tradizione: sin dall'inizio del cinema le storie sono sempre state reinterpretate, lo stesso accadrà con la mitologia di Spider-Man.


Uno scatto di Marc Webb, regista del film

Dunque Hollywood continuerà a serializzare le storie il più possibile. Accorciamo il raggio di azione: immagina ancora il dominio dei franchise tra quindici anni?
Senza ombra di dubbio. Gli spettatori adorano questa forma di consumo: un racconto che è interessante e ti mantiene interessato. In questo modo il pubblico si sente parte di una saga che continua. È proprio come le serie TV: ne guardi una, decidi che è la tua serie e diventa parte di te.

Dunque quanto il produttore di Spider-Man riesce a vedere nel futuro?
Onestamente i prossimi anni saranno tutti pieni: abbiamo annunciato il film di Venom, due sequel con Andrew Garfield e i Sinistri Sei, dunque abbiamo storie e personaggi in abbondanza. Quanto nel futuro? Io credo che questi franchise mi sopravvivranno. Immagino che un giorno sarà mio figlio – che oggi ha sette anni – a produrli. Dunque, tornando alla domanda precedente: qualsiasi cosa Kevin Feige dica, io lo appoggio al cento per cento. Pensate a Spider-Man: ha cinquanta anni e non è mai invecchiato. La tecnologia cambia, ma lui rimane sempre un simbolo.

A proposito di cambiamenti, quanto il progresso della tecnologia può cambiare le carte in tavola nel vostro progetto di franchise?
Tantissimo, ed è una cosa incredibile. Considerate che abbiamo pensato a Electro sin dai tempi del primo film di Sam Raimi: era il 2001 ed era impossibile realizzarlo. Non so come sarà tra vent'anni, però vi posso dire che quello che abbiamo fatto oggi, non potevamo farlo qualche anno fa. Non avremmo mai potuto realizzare un personaggio come Electro: all'inizio del nuovo millennio avremmo semplicemente potuto sviluppare personaggi che stanno costantemente con il corpo coperto e indossano una maschera.


Da sinistra Matt Tolmach e Avi Arad, produttori di The Amazing Spider-Man 2

Dunque, a proposito di tecnologia, mi parli di quanti limiti avete avuto nell'ambientare la scena madre del film a Times Square...
Quella è stata la prova del fatto che tutto è possibile nel cinema. Ricordo che ero sul set con Avi Arad e ci siamo guardati con stupore: avevamo appena capito che ormai il cinema non ha limiti creativi almeno finché hai a disposizione un budget e ti circondi di gente piena di talento. Volete sapere quanto abbiamo girato nella vera Times Square? Circa tre ore! La abbiamo ricostruita a Long Island, dove abbiamo girato per settimane. Siamo stati molto accurati: abbiamo scoperto che tutta l'energia e l'illuminazione della piazza arriva proprio dai tabelloni elettronici e dagli schermi. Dunque li abbiamo ricostruiti, ma era pieno inverno, faceva freddo e c'era un vento molto forte. Tutte le volte che si alzava il vento, dovevamo mettere giù i tabelloni. E' stato frustrante, ma anche la prova che facciamo un lavoro incredibile: quelle settimane di riprese sono state le più emozionanti della mia carriera.

Ci sono dei termini che Hollywood usa puntualmente quando si parla di franchise: negli ultimi anni molti hanno usato parole come “Darker” (più oscuro) e “Grounded” (più legato alla realtà). Quanto questi termini sono stati abusati? Crede che l'era del blockbuster dark iniziata con i film di Nolan sia ancora in atto?
Il punto non è questo, il punto è chiedersi: cosa vuol dire dark? Anche io quando sento queste parole mi infastidisco. Anzi ve ne dico un'altra che va di moda: “Edgier” e cioè un film ad alta tensione. E' vero, è cominciato con i film di Nolan, ma quei film non li chiamerei “darker”, erano semplicemente grandi film. Dark era la sua estetica e la sua incredibile visione di Batman, non la si potrebbe mai applicare all'universo di Spider-Man. Quello che voglio dire è che, anche se gli aggettivi vengono sprecati, l'audience rimane il punto di riferimento più intelligente. Così intelligente da capire che un film può essere dark soltanto se è concepito in questo modo, quando i suoi toni sono funzionali alla narrazione.

The Amazing Spider-Man 2: Il potere di Electro, in uscita il 23 aprile, è distribuito dalla Warner Bros. Italia.

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