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Dolph Lundgren: “Neanche il mio Frankenstein russo poteva battere un italiano!”

Incontro a Taormina con il leggendario attore dell'action americano anni '80. “Nel nuovo film dei Coen sarò di nuovo un russo”

Dolph Lundgren

19.06.2015 - Autore: Marco Triolo (Nexta), da Taormina
Lo spirito del samurai, che “vive ogni giorno come fosse l'ultimo”, unito a un animo gentile e a un'enorme disponibilità verso il suo pubblico fanno di Dolph Lundgren il migliore attore/campione di karate/modello/laureato al MIT che potrete mai incontrare nella vita. Lo diciamo per esperienza. Perché dopo essere cresciuti vedendo e rivedendo, con la foga tipica dei bambini, gli scontri epocali tra lui e Stallone in Rocky IV, incontrare il nostro idolo e scoprire che è idolo vero è una bellissima sensazione.


Lundgren in Skin Trade.

Lundgren è approdato a Taormina per presentare Skin Trade (qui la nostra recensione), un film action vecchia scuola in cui è affiancato da Tony Jaa nella lotta contro il traffico di esseri umani in Tailandia. Un film da lui scritto e prodotto, oltre che interpretato, un'opera personale che difende anche davanti a una generazione di spettatori avvezzi al cinema action moderno, stracolmo di computer graphic: “Negli anni '90 c'è stato un grande cambiamento con l'avvento della CGI. La tecnologia ha cambiato le cose: non c'era più bisogno di usare il sangue finto, perché tanto lo si poteva applicare dopo”. E poi via con i ricordi del ring di Rocky IV: “Una ragione per cui è diventato un classico è che sfoggia alcuni dei migliori scontri di boxe mai realizzati al cinema. Abbiamo girato la scena finale con nove macchine da presa, il che all'epoca voleva dire consumare molta pellicola che era costosa. Alla fine avremmo potuto farci due film interi con il girato. Ma la scena come la vedete nel film è frutto anche di un lungo lavoro di post-produzione e montaggio, con l'inserimento della musica, delle dissolvenze. All'epoca si usava ancora montare con la moviola ed era più difficile, oggi col digitale è molto più semplice”.

Ma Rocky IV era anche lo scontro tra due civiltà: “Un altro motivo per cui è un classico è che, al contrario di Rocky III, ha questa dimensione politica che ne definisce meglio il posto nel tempo e sposta tutto al livello dello scontro tra nazioni, mentre Rocky III era, ad esempio, solo Rocky contro Mr. T”. Ma alla fine: “Questo film dimostra che nessuno è più duro di un italiano!”. Il pubblico applaude a scena aperta quando Lundgren recita in italiano la battuta chiave di Ivan Drago: “Io ti spiezzo in due!”. “La so – spiega – perché anni fa ho comprato una Ferrari, e quando me l'hanno spedita ci hanno messo un bigliettino con su scritta la frase”. Del suo personaggio dice: “Ricorda il mito di Frankenstein. Provi pena per lui, nonostante tutto, perché viene solo usato. E alla fine lo perdoni”.


Il celebre scontro finale tra Rocky Balboa e Ivan Drago.

L'altro argomento che gli sta più a cuore sono le arti marziali: “Rocky IV parla di vita e di morte, perché il migliore amico di Rocky muore e lui decide di partire per la Russia, senza sapere se tornerà a casa vivo. Questo sono le arti marziali. È tutta la vita che pratico karate ed è una cosa bellissima sia fisicamente che spiritualmente, perché si rifà al buddismo zen dei samurai. Ogni mattina i samurai si svegliavano pensando che forse quel giorno sarebbero morti e dunque vivevano ogni giorno come fosse l'ultimo. Oggi si è diffusa la MMA (mixed martial arts, ndr), in cui ci sono molti lottatori tecnicamente fantastici, ma secondo me si è perso lo spirito originale delle arti marziali. Credo che se un giorno cambiassero le regole e i combattimenti fossero all'ultimo sangue, forse gli atleti scenderebbero nell'arena con uno spirito diverso, più vicino a quello dei samurai”.

Gli chiediamo se è vero che nel nuovo film dei Fratelli Coen, Hail Caesar, interpreta di nuovo un russo: “Sì, è vero. Hail Caesar è un film con un cast pazzesco, George Clooney, Scarlett Johansson, Josh Brolin, ma all'inizio non volevo farlo perché non mi andava di fare un altro russo. Poi ho letto la sceneggiatura ed era molto divertente. La mia è una breve scena verso la fine, in cui il personaggio di Channing Tatum vuole disertare in favore della Russia – siamo nell'America degli anni '40 – e deve essere prelevato da un sottomarino al largo di Malibu. I Coen volevano una faccia riconoscibile nel ruolo del russo che apre il portello del sottomarino per accogliere Tatum, in modo che il pubblico avesse una reazione forte, e hanno chiamato me”.


Ancora con Stallone in I mercenari - Expendables 2.

Infine, confessa di sentire un po' la mancanza del periodo in cui era un laureando in ingegneria chimica al MIT: “Mi manca l'ambiente accademico e le discussioni stimolanti che si facevano con gli altri studenti. Nel mondo del cinema si parla solo del prodotto, che è una cosa limitate. Perché la vita è anche molto altro”.