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Conversazione con Mereghetti: la necessità di rinnovarsi per la sopravvivenza della critica

Faccia a faccia con l'autore del dizionario del cinema che annuncia: “Presto sarà anche online”

15.04.2014 - Autore: Pierpaolo Festa
Chi tra coloro che amano il cinema non ha mai sfogliato almeno una volta il Dizionario di Paolo Mereghetti, lasciandosi andare a un sorriso quando ci si è trovati d'accordo con l'autore, ma soprattutto a uno scontro di idee appassionato quando l'opinione era totalmente opposta?

Incontriamo il Mereghetti a Bari, dove il Bifest ha ospitato il convegno “La critica cinematografica è morta, viva la critica cinematografica!” presentato da Franco Montini presidente del Sincacato nazionale critici cinematografici italiani. Mereghetti ci rilascia un'intervista alla fine dell'evento, l'occasione di confrontarsi con lui su pensieri e idee stampate su carta e altrettante che prendono vita in bit sui siti internet: “Non penso che la critica sia morta, c'è qualcuno che ha fatto di tutto per farla morire ma anche qualcuno che continua a fare sforzi per tenerla in vita. Forse si è seppellita da sola, non essendo in grado di adeguarsi ai linguaggi dei media in Italia. Direi che oggi i media preferiscono atteggiamenti più incensatori che critici”.



Ha un esempio recente che incarna alla perfezione questa sua ultima dichiarazione?
L'ultimo esempio è il film di Veltroni su Berlinguer: tutti i giornali hanno parlato dell'importanza storica del segretario del PCI, ma nessuno si è soffermato sul film. È giusto parlare di Berlinguer a trent'anni dalla sua morte, credo però che se si fosse parlato del film forse i giudizi non sarebbero stati altrettanto esaltanti. Viviamo in un momento in cui l'analisi critica non è vista di buon occhio: è un problema verso il quale tutti devono stare attenti, non bisogna dimenticare l'imperativo etico che la critica dovrebbe tenere presente. Si tratta di un'attività fondamentale della cultura, quella di analizzare in profondità le opere che vengono prodotte.

Quanto questo problema è un problema italiano, quanto invece riguarda anche le altre culture?
A parte la Francia che è una nazione in cui all'esame di maturità devi portare un film come materia, questa caduta della critica si ripete un po' ovunque. In primis nel mondo anglofono: in Inghilterra e negli USA i critici cinematografici più importanti hanno dovuto aprire dei blog, perché il loro giornale non pensava più che le loro opinioni fossero redditizie. Questo non vuol dire che non si debba continuare a fare. Continuo a pensare che la critica sia importante a tutti i livelli, non parlo solo di cinema: c'è ancora un pubblico a cui questo lavoro e questi strumenti conoscitivi interessano molto.

Come si è evoluto Paolo Mereghetti?
Ho cercato di fare i conti con il mio linguaggio. Non mi sono messo a scimmiottare eufemismi o parole mediate da gerghi particolari, ma ho cercato di trovare un modo di parlare che fosse comprensibile e che però non andasse a discapito del rigore analitico. Non sono stato il primo a fare uno sforzo del genere: ho imparato moltissimo leggendo il libri di storia dell'arte di Ernst Gombrich che sono scritti con un linguaggio molto piano eppure allo stesso tempo molto seri e approfonditi. Il linguaggio è la cosa fondamentale, l'ho sperimentato proprio con il Dizionario che continua a vendere nonostante sia un mattone gigantesco!

A proposito del Dizionario che quest'anno ha in copertina Butch e Sundance: come mai rispetto ai suoi competitor lei sceglie sempre una foto del cinema del passato? In generale quanto il cinema contemporaneo continua a emozionarla?
Se non lo adorassi non farei questo mestiere. Certamente mi emoziono di più a vedere un vecchio film in bianco e nero con Gary Cooper piuttosto che un film a colori con I soliti idioti, ma la verità è che anche negli anni Trenta e Quaranta c'erano film assolutamente stupidi che non valeva la pena vedere. L'idea di mettere in copertina titoli del passato è un piccolo artificio editoriale: una volta ho scelto Eyes Wide Shut per la cover, un film che era appena uscito. Dato che il Dizionario non esce tutti gli anni, inserire un film recente vuol dire fare invecchiare l'edizione immediatamente. Ecco dunque cosa motiva la scelta di mettere un'immagine "vecchia".

Quali sono i punti di forza di chi scrive sul web, quali sono i limiti di chi scrive sulla carta?
Sono dettati dal rapporto che quel mezzo ha con il proprio pubblico. Non posso scrivere su un quotidiano come scriverei su un'altra piattaforma. Allo stesso tempo non posso scrivere su La Repubblica come scriverei su un altro quotidiano. Al di là del fatto che i critici siano in sintonia con la politica editoriale del proprio quotidiano, c'è un modo di scrivere che è diverso. Può essere un limite, ma allo stesso tempo conoscere i propri limiti ti costringe a fare i conti. Questi limiti il web non li ha. Al massimo gli utenti non cliccano sull'articolo. Dunque il rischio è quello di non confrontarsi con un pubblico reale che sul web a volte potrebbe non esserci. Io credo che avere dei limiti serva: ti permette di non farti credere Dio.

Verrà mai il giorno in cui il suo dizionario sarà disponibile anche online?
Sì, finalmente dopo vent'anni e dieci edizioni stiamo lavorando a questa ipotesi. L'idea è quello di farlo tra sei mesi: sto pensando che sarà disponibile online all'interno di un sito, di uno spazio riconoscibile. Non so, forse se mettessi il dizionario online a pagamento diventerei ricco, ma rischierei di perdermi nell'oceano di internet. Ecco credo che invece ci sia bisogno di una riconoscibilità spaziale e geografica in qualche modo, coordinate che sui giornali della carta stampata esistono. Sul web secondo me dovrebbe essere disponibile su un sito che ha delle caratteristiche riconoscibili in modo da capire cosa l'utente può trovare all'interno e cosa non può trovare.



Come mai Mereghetti non ha un blog?
In realtà dieci anni fa lo avevo creato, ma ero incapace di gestirlo a tempo pieno. Per questo venivo preso di mira da alcuni lettori. Mi è sembrato insensato, perché la cosa fondamentale è che prima del cinema viene la vita, questo vorrei ricordarlo a tutti. Se uno non vive non capisce nemmeno il cinema.

C'è un appuntamento cinematografico del 2014 che Paolo Mereghetti attende con ansia?
Aspetto sempre due festival: “Il cinema ritrovato” a Bologna e “Il cinema muto” a Pordenone. Due festival in cui il rischio di bidoni non c'è mai: proiettano solo capolavori.

E per quanto riguarda film in arrivo sullo schermo?
Sono molto curioso di vedere il nuovo film di Alice Rohrwacher: una giovane regista su cui vale la pena avere qualche speranza. Il film è pronto, forse lo si vedrà a Cannes, io ho molta voglia di vederlo.
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