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20 domande a Stephen Frears

Bif&st: intervista esclusiva a uno dei maestri del cinema britannico. L'uomo che mandato a quel paese Schillaci e fatto piangere Springsteen

Stephen Frears

19.03.2013 - Autore: Pierpaolo Festa
Bari - “Vado dove mi portano i bravi sceneggiatori. Questo è tutto quello che conta”. Parola di Stephen Frears, protagonista assoluto di un nuovo giorno al Bif&st che gli ha dedicato una retrospettiva e lo ha premiato con il Federico Fellini Platinum Award alla carriera. Premio sul quale il regista ha scherzato, affermando: "Cercherò di venderlo per salvare il mio Paese dalla bancarotta!".

Lo incontriamo poche ore dopo la sua masterclass al Teatro Petruzzelli, l'evento in cui ha ricordato il suo lavoro su pellicole come My Beautiful Laundrette, The Queen, Rischiose abitudini, Alta fedeltà e naturalmente Le relazioni pericolose. Tornato nel suo hotel il regista ci dedica dieci minuti per una chiacchierata sul suo cinema e sul suo non-stile: "Io racconto solo storie. Non credo di avere uno stile". Dieci minuti con Frears possono essere un'eternità, perché il regista non ama particolarmente parlare del suo lavoro e spesso tende a liquidare l'interlocutore con risposte brevi. Quel che ne esce fuori è il ritratto di una persona certamente interessante ma anche irresistibile, pronta a scatenare il suo humour inglese e scegliere sempre parole intelligenti. Bisogna, però, trovare la chiave giusta per iniziare la conversazione. Magari provandoci come segue:

Una delle immagini che più ricordiamo della sua filmografia è quella di Colm Meaney in Due sulla strada con indosso una maglietta con la scritta “Fuck Schillaci”.
(Frears si fa una gran risata): Avevo dimenticato quella scena. Be' era una T-shirt era fantastica, ed era di moda in Irlanda all'epoca di quel mondiale.

Stephen Frears intervista bif&st Bari queen relazioni pericolose

Prima in conferenza lei ha più volte nominato colleghi come Mike Leigh e Ken Loach...
Bè siamo della stessa generazione. E ormai siamo tre vecchi. Ci conosciamo da tantissimo tempo comunque.

Siete mai stati competitivi l'uno con l'altro?
Suppongo di sì. Lo siamo sempre stati finché non abbiamo capito che è ridicolo. Loro sono pieni di talento.

Nel 1988 ha offerto a Michelle Pfeiffer un ruolo ne Le relazioni pericolose. Vent'anni dopo la ha voluta in Cherì. Immagina un altro ruolo per lei tra altri vent'anni?
No, perché non so nemmeno se sarò vivo per quel tempo.

Eppure è inarrestabile e continua a girare un film dopo l'altro, addirittura anche due l'anno.
E spero di continuare ancora. Alla mia età è una vera fortuna. Mi rende la vita più facile e bella. Non saprei fare altro.

Nella sua carriera ci sarà pure stato qualche momento non troppo facile?
Non credo. Ho sempre affrontato le sfide con entusiasmo. Perché mi fa sentire giovane, come quella volta che ho girato A prova di errore con George Clooney. Era uno show televisivo in diretta. Una cosa che non avevo mai fatto prima. 

In passato si è definito “l'anti-Spielberg”. E cioè un regista che non è mai stato ossessionato dal fare cinema. Come se fosse stato qualcosa che le è capitato per caso. C'è un progetto che non è mai riuscito a realizzare e che insegue da anni?
No. Sono sempre interessato a fare il mio prossimo film. Quello è sempre l'unico progetto che spero di fare. Non sogno di mettere in scena l'Inferno di Dante o un altra mega-produzione insormontabile. Non ho mai pensato in questi termini. Ma sono sempre rimasto sorpreso dai progetti che mi hanno proposto e li ho sempre trovati interessanti.

In Italia non abbiamo ancora visto il suo ultimo film, Lay the Favorite. Come mai ha scelto questo film ambientato a Las Vegas?

E' molto semplice: un'amica mi ha mostrato il suo straordinario libro con questo personaggio fantastico (la stessa scrittrice BEth Raymer nel film interpretata da Rebecca Hall). Tutto qui.

Uno dei protagonisti del film è Bruce Willis. Si dice che non sia facile lavorare con lui...
Non è vero. Bruce è molto carino ed un bravo attore.

Parliamo di un altro Bruce allora, dato che lei è il primo ad aver diretto Springsteen al cinema nel cameo in Alta fedeltà.
(ride) Oh, lui era molto nervoso, poverino. Ho dovuto badare a lui tanto durante le riprese di quella scena.

Stiamo parlando però di un musicista che si esibisce davanti a sessantamila persone ogni sera, non dovrebbe esserci abituato?
Ho pensato lo stesso anche io. Eppure Bruce era terrorizzato. Credo di averlo fatto quasi piangere!

Poco fa parlavamo di televisione, per la quale in passato lei ha lavorato tanto...
Anche adesso però. Ho appena finito un film per HBO negli USA, e ho potuto notare constatare che in questo momento in America i migliori sceneggiatori lavorano più in TV che al cinema.

Segue le serie televisive?

Con mia moglie guardiamo le serie scandinave come The Killing. Guardare serie scandinave per adesso è un trend in Gran Bretagna.

Anche quelle anglofone tratte dalla letteratura svedese? Tipo Wallander con Kenneth Branagh?
No. Quello non è bello. Il Wallander svedese invece era fantastico. Stesso discorso per The Killing. Guardo l'originale.

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Torniamo al cinema. Uno dei suoi film abbastanza recenti è l'interessante Piccoli affari sporchi. Ha scoperto di nuovo la sua nazione lavorando a quel film?
Ho deciso di farlo per questo. Nessuno aveva mai raccontato una Londra così. Una città mai vista sul grande schermo di cui non si sapeva nulla. Quando ho fatto My Beautiful Laundrette ho fatto un film sull'impero. In Piccoli affari sporchi ho raccontato la prospettiva opposta con una Londra piena di ispanici, marocchini, turchi e asiatici. Ho anche un bel ricordo del lavoro svolto con Chiwie (Chiwetel Ejofor).

Posso chiederle invece cosa è andato storto con Mary Reilly?

Semplicemente non siamo riusciti a lavorare per bene alla sceneggiatura. Avevo letto il libro e volevo fare il film. E' una situazione interessante: nessuno capisce cosa sia accaduto. Eravamo circondati da gente di talento. Ed è andata male.

Vorrei rivederlo un'altra volta...
Non lo farei se fossi in te.

Se invece avesse l'occasione di rigirarlo, come lo adatterebbe?
Con pochi soldi. Magari un film per la BBC.

Abbiamo cominciato la nostra chiacchierata parlando di autori del cinema britannico. Cosa ne pensa invece dei nomi delle generazioni successive alla sua: ad esempio Danny Boyle o Shane Meadows?
Prima di tutto non metterei mai due nomi così nella stessa frase. Shane è un autore. Danny è un regista di film. Shane Meadows è un tipo originale ed eccentrico, Danny è come me. Conosco bene le sue origini. E' un tipo molto intelligente, ma non lo chiamerei autore.

Un'ultima domanda: ci sono invece registi e film contemporanei che sono in grado di emozionarla?
Sono quindici anni che seguo Jacques Audiard e sono sempre stato certo che avrebbe fatto strada. L'ultimo bel film che ho visto è No – I giorni dell'arcobaleno, che racconta la caduta di Pinochet.

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