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Andrew Stanton, ecco il mio viaggio su Marte

Il regista ci racconta in esclusiva con quanta passione abbia portato al cinema l'universo di "John Carter"

John Carter - Andrew Stanton

06.03.2012 - Autore: Marco Triolo
Leggete la nostra recensione di “John Carter”.

“Sono un fan di John Carter da quando ho letto il libro a undici anni e mai avrei pensato che un giorno sarei stato io a portarlo sul grande schermo”. L'onestà e l'entusiasmo genuinamente geek di Andrew Stanton invadono la stanza e contagiano tutti quelli che gli stanno vicino: questa è l'impressione che suscita in noi il regista di “Wall-E” e “Alla ricerca di Nemo”, uno dei più raffinati autori Pixar che abbiamo incontrato a Londra in occasione della presentazione di “John Carter”, il suo esordio al live action, ispirato a un fortunato ciclo di romanzi scritti all'inizio del secolo scorso da Edgar Rice Burroughs, autore di Tarzan. “Da geek speravo di poterne vedere tratto un film e quando ne sentivo parlare mi appassionavo sempre. Le cose si sono fatte serie nella scorsa decade, quando i progressi della computer graphic hanno permesso di realizzare questi vasti mondi ricchi di dettagli, come ne 'Il signore degli anelli', 'Star Wars – Episodio I' e 'Matrix'”. Stanton ci assicura anche che l'idea è di realizzare almeno due sequel: “Ho già pianificato la trilogia, abbiamo trattato questo come il pilot di una serie TV”.

Andrew Stanton John Carter intervista esclusiva - Andrew Stanton

Perché ha scelto Taylor Kitsch nel ruolo di John Carter?
Da fan passavo molto tempo a chiedermi chi avrebbe potuto interpretare i personaggi dei libri di Burroughs, e quando ho visto il pilot di “Friday Night Lights” ho detto: “Lui sarebbe un grande John Carter, ma è troppo giovane”. Non potevo saperlo, ma un anno e mezzo dopo mi sarei trovato a dover prendere io quella decisione. Continuavo a pensare che fosse troppo giovane, ma ho testato altri attori e non riuscivo a togliermelo dalla testa. Poi ho scoperto che aveva ventisette anni e che semplicemente ero io a vedere tutti troppo giovani, avendo già superato i quaranta! A quel punto dovevo trovare Dejah Thoris. Ero paranoico perché ritenevo che la relazione tra i due protagonisti fosse tanto importante quanto l'attore che avrebbe interpretato Carter, e quindi non mi sono impegnato subito fino in fondo con Taylor per paura di non trovare la persona giusta da affiancargli. Ma poi ho visto Lynn Collins e Taylor recitare insieme e ho capito che erano quelli giusti.

Come mai ha scelto tanti attori poco famosi nel cast?
Se ci pensate, negli ultimi anni non c'è tanta gente in grado di vendere un film. Li conti sulle dita di una mano. Gli Studios non ci possono più contare, sono più intelligenti di quello che pensate e lo capiscono. Finalmente possiamo lasciare da parte la questione e concentrarci solo su quali siano gli attori giusti per i personaggi. E' quello che abbiamo sempre fatto alla Pixar: anche Tom Hanks non era tanto famoso all'epoca di “Toy Story”. La vera sorpresa è stata che la Disney la pensasse come me. Anche loro volevano attori non ancora tanto famosi ma che lo stavano per diventare, perché quando la speranza è realizzare una serie, è meglio scegliere interpreti che saranno in giro a lungo.

Andrew Stanton John Carter intervista esclusiva - Lynn Collins e Taylor Kitsch

E' stato più duro lavorare a un film live action rispetto all'animazione?
No, più che altro direi che è stato diverso. Tutti pensano che quando fai un film d'animazione tu sia libero di fare quello che vuoi, ma è falso. Lavori comunque con delle persone, attori, costumisti, cameraman, con la differenza che loro usano uno strumento virtuale per fare il loro lavoro. Rispetto al live action, nell'animazione si aggiunge la frustrazione causata dal computer, quel dannato aggeggio che non fa quello che gli chiedi. Devi avere una pazienza infinita, perché non succede niente per settimane, a volte mesi, e non c'è spontaneità, solo pianificazione. Quando sono arrivato sul set e ho capito che in breve tempo potevo ottenere quello che volevo, per me è stata come una droga. Mi sentivo come un bambino che ha vissuto tutta la vita in casa e all'improvviso esce e vede il bosco. Questo mi ha permesso di superare un sacco di difficoltà che altri avrebbero percepito come un peso. Anche durante una tempesta di sabbia, me ne stavo lì a pensare “Wow, è così che dev'essere stato per David Lean e Steven Spielberg!”. Non so se la seconda volta andrà così di lusso, perché l'effetto novità è passato...

Brad Bird ha esordito come lei al live action con “Mission: Impossible – Ghost Protocol”. Avete confrontato le vostre esperienze?
Solo da poco, perché i nostri impegni non ci hanno permesso di vederci per anni. Abbiamo fatto delle osservazioni molto simili. Entrambi abbiamo notato che, mentre nell'animazione si basa tutto sulla preparazione e il coinvolgimento del regista, nel live action non erano pronti alla nostra scrupolosa pianificazione. Non si aspettavano che sapessimo esattamente quello che volevamo, e credo che questo ci dica tanto su molti registi. Non credo che siano tutti così, ma purtroppo penso che ce ne siano molti di più di quello che avrei voluto credere di autori ben poco coinvolti nei loro stessi film.

Cosa ne pensa del motion capture?
Penso che sia solo un strumento, e come tale conta solo chi lo usa. E' una perdita di tempo pensare che il motion capture risolva i problemi: se non hai un grande attore e un grande animatore non hai niente.

Andrew Stanton John Carter intervista esclusiva - Stanton sul set con Taylor Kitsch

E del 3D?
Non so quanto durerà, già quando stavo preparando “Wall-E” mi proposero di usarlo. Sia allora che per “John Carter” ho preferito girare in 2D e convertire in post-produzione: già è abbastanza faticoso fare un film, ma aggiungere un'altra preoccupazione durante le riprese avrebbe ridotto le chance di successo. La verità è che in post puoi fare un lavoro di grande qualità, se ci spendi abbastanza soldi. Io ho affidato il film allo staff 3D della Pixar, perché volevo essere sicuro che facessero un ottimo lavoro. Ma ho preferito girare su pellicola, perché volevo che il film avesse un feeling classico e senza tempo.

I primi minuti del film sono forse il primo esempio di 3D associato a un'ambientazione western. Ritiene che in futuro vedremo un intero western in tre dimensioni?
Ogni cosa è possibile, dipende se qualcuno ci metterà i soldi o meno. Francamente io sono favorevole a tutto quello che porta la gente a vedere un film al cinema anziché a casa, perché devo la mia carriera all'emozione che provavo quando andavo in sala.

Ricorda il primo film che ha visto al cinema?
Assolutamente, avevo cinque anni e mia madre mi portò a vedere “Bambi”. Lei mi assicura che quando uscii dalla sala dissi: “questo è quello che voglio fare per il resto della mia vita”. Non credo sia vero, ma sono certo che rimasi a bocca aperta. E ricordo anche la prima volta che vidi “Lawrence d'Arabia”: era una copia in condizioni terribili, ma mi cambiò la vita e resta il mio film preferito di tutti i tempi.

John Carter”, in uscita il 7 marzo, è distribuito da Walt Disney. Per saperne di più, guardate il trailer.
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