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John Huston, il regista dai sette capestri

Regista straordinario, attore di razza, un monumento di Hollywood giustamente omaggiato dal Torino Film Festival

John Huston

17.11.2010 - Autore: Alessandro De Simone
Non basterebbero centinaia di pagine per descrivere l’opera e la vita di John Huston e la maniera migliore per raccontare l’eccezionale avventura terrena e artistica di questo vero iconoclasta del cinema americano, capace di lavorare tra tanti generi, reinventandoli e modernizzandoli nel corso della sua lunga carriera, l’ha scelta senza dubbio il Torino Film Festival, dedicandogli una retrospettiva completa dei suoi lavori.

John Huston e Dino De Laurentiis

Nato nel 1906 a Nevada, nel Missouri, già per questo divertente corto circuito geografico si dovrebbe capire questo figlio delle isole britanniche capitato in terra americana era destinato a fare grandi cose e il cinema sembrava essere proprio la strada migliore, essendo figlio d’arte di artisti di vaudeville. John Marcellus Huston fece conoscenza con le assi del palcoscenico a tre anni, da bambino rischiò di morire per un’infezione renale e dopo avere lasciato la scuola divenne un promettente pugile. Dopo essere convolato a nozze appena diciottenne, nel 1925 fa il suo esordio a Broadway, ma matrimonio e carriera d’attore finiscono alla svelta, perché il giovane John è irrequieto, preferisce arruolarsi nella cavalleria messicana, per poi far ritorno in America, scrivere racconti per alcuni giornali e poi partire per l’Europa, dove si inventa pittore tra Parigi e Londra. Ma anche questo gli sta stretto, torna in patria e riprova con il cinema, opportunità che aveva già avuto grazie a Samuel Goldwyn. La seconda occasione gliela offre la Warner Bros. che resta impressionata dalla sua scrittura, lo mette sotto contratto e gli propone di esordire alla regia, portando sullo schermo un romanzo di Dashiell Hammet della serie di Mick Spillane, "The Maltese Falcon", meglio noto in Italia come "Il mistero del falco". Insomma, esordisce con un capolavoro, dirigendo Humphrey Bogart, attore che avrebbe ritrovato più volte nella sua carriera, da "L’isola di Corallo" allo straordinario "La regina d’Africa", la cui lavorazione avrebbe poi suggestionato Clint Eastwood per "Cacciatore bianco, cuore nero".

John Huston insieme a Billy Wilder e Akira Kurosawa agli Oscar nel 1986

Huston non è mai stato un vero regista da Studios, troppo ribelle nell’animo per potersi allineare alle leggi e ai codici di Hollywood, ma il suo approccio con i generi classici unito alla sua naturale insofferenza nei confronti delle convenzioni ha fatto sì che riuscisse a riversare sulla carta e sullo schermo questa sua energia creativa. È così che è nato un noir straordinario come "Giungla d’asfalto", opera che ha di fatto posto le basi stilistiche del genere, e nella stessa maniera sono venuti fuori film come "Il tesoro della Sierra Madre", reinvenzione in chiave western di "Rapacità" di Eric Von Stroheim, "Moulin Rouge", biopic quasi lisergico di Toulouse-Lautrec a cui non poco ha dovuto cinquant’anni dopo Baz Luhrmann, o il titanico "Moby Dick", in cui si confronta con una delle opere fondanti della letteratura americana.

John Huston e la figlia Anjelica

Unico regista capace di far vincere un Oscar al padre (Walter, non protagonista per "Il tesoro della Sierra Madre") e alla figlia (Anjelica, per "L’onore dei Prizzi"), Huston ha attraversato quarantacinque anni di cinema senza mai sentirsi inadeguato, recitando per Polanski in "Chinatown" e ricostruendo la storia americana nello straordinario "L’uomo dai sette capestri," confrontandosi spesso con la pagina scritta, portando sullo schermo opere anche estreme come "La saggezza nel sangue" di Flannery O’Connor, ma soprattutto che avevano come loro centralità la ricerca di un posto su questa terra. Proprio per questo "L’uomo che volle farsi Re", tratto dall’eccezionale romanzo di Rudyard Kipling, può essere considerato, l’ideale biografia di Huston, folle e picaresca, contrapposta all’elegiaca solennità e leggerezza della morte del suo testamento cinematografico, "The Dead", tratto da un racconto di James Joyce, un film che lo porta nella sua terra d’origine, l’Irlanda e per cui chiama a raccolta il figlio Tony, con cui scrive la sceneggiatura, e Anjelica che offre una delle sue migliori interpretazioni.

L’onore dei Huston, è il caso di dirlo.
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