

Bed Time

César lavora come portiere in un palazzo di Barcellona, ma non è felice e ha bisogno di trovare dei motivi per andare avanti nella vita quotidiana. Ogni giorno va a lavoro nell'edificio dove non viene nemmeno notato dai suoi condomini, dei quali invece lui conosce ogni dettaglio. In particolare César sa tutto di Clara, una ragazza allegra e solare. La positività di Clara indispettisce Cesar che si rende conto che non raggiungerà la felicità finché non le avrà tolto il sorriso dal volto e non avrà reso la sua vita miserabile come la propria.

Un altro giorno sorge a Barcellona, un uomo si sveglia nel proprio
letto, accanto alla sua donna. Si alza senza fare rumore e va al lavoro.
Un scena qualunque, che chiunque avrà vissuto. Peccato che l'uomo non
sia nel suo appartamento, nel suo letto e che quella non sia la sua
ragazza. Quell'uomo si chiama Cesar, è il portiere del palazzo e la
ragazza è totalmente ignara della sua presenza.
Una premessa inquietante che è anche la cosa migliore di Bed Time, nuovo thriller del regista di Rec, Nameless e Darkness, lo spagnolo Jaume Balaguerò. Esatto, thriller: il regista abbandona l'horror tout court per un film che non ha nulla di sovrannaturale, ma si rifà più esplicitamente al cinema di Roman Polanski ed evoca paure primordiali grazie a un'idea – nata dalla mente dello sceneggiatore Alberto Marini – che si insinua sotto la pelle e ha il potere di turbare il sonno dei
più impressionabili. Il guaio è che Balaguerò non riesce a tenere fede a
quella sensazione di soffocamento che evoca nei primi minuti del film, e
alla lunga il gioco diventa stanco e poco incisivo.
Colpa in parte di un protagonista non troppo convincente nei panni del maniaco: Luis Tosar ce la mette tutta ma non riesce mai a far veramente paura, nonostante
le sue azioni riprovevoli. E la sceneggiatura aggiunge una punta di
ridicolo quando Cesar si trasforma in una sorta di “vampiro emozionale”
che si nutre della sofferenza psicologica delle sue vittime. Anche qui,
si tratta di uno spunto buono gestito alla meno peggio,
a riprova che forse Balaguerò non ha una grande mano nel dirigere gli
attori, che nel caso di un genere come questo, con dei dialoghi a volte
un po' sopra le righe, forniscono un'ancora per mantenere il film coi
piedi per terra impedendogli di imboccare la strada dell'auto-parodia.
Ma in fondo, il vero problema di Bed Time è che non dice nulla di nuovo
né dal punto di vista della storia né, soprattutto, della messa in
scena, piatta e poco incisiva. Peccato davvero, perché gli punti
interessanti non mancano, compresa l'ambientazione in un vecchio
condominio che fa tanto Rec. Ma gli spunti non bastano.
di Marco Triolo