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Sundance: la rivolta degli schiavi di The Birth of a Nation vince e prenota gli Oscar 2017

L'esordio alla regia di Nate Parker conquista il gran premio della giuria e il premio del pubblico in un momento cruciale per l'industria del cinema americano

The Birth of a Nation

01.02.2016 - Autore: Marco Triolo (Nexta)
La polemica sugli #OscarsSoWhite non sembra destinata a placarsi, ma forse il Sundance Film Festival ha appena fornito all'Academy l'occasione per redimersi con gli Oscar 2017. The Birth of a Nation, film che racconta di una storica rivolta di schiavi in Virginia nel 1831, ha vinto il gran premio della giuria e il premio del pubblico al festival di Park City, imponendosi già come un probabile candidato ai prossimi Academy Awards – in un momento cruciale della loro storia.
 
Scritto, diretto, prodotto e interpretato da Nate Parker, un attore (visto in Red Tails e Red Hook Summer) al suo esordio come autore, il film è incentrato sulla figura storica di Nat Turner, uno schiavo divenuto predicatore – perché sapeva leggere e dunque poté leggere la Bibbia – e poi leader di una rivolta contro i padroni bianchi. The Birth of a Nation sfoggia ottime performance da parte di Aja Naomi King (che potrebbe essere nominata come non protagonista nel ruolo di Cherry, la moglie di Turner) e Armie Hammer (nel ruolo del padrone di Turner, altra possibile nomination). Per Parker si tratta del progetto della vita e la sua perseveranza ha pagato: il suo film d'esordio alla regia è stato il più applaudito al Sundance e ha trovato distribuzione da parte di Fox Searchlight, l'etichetta indipendente della 20th Century Fox che gli garantirà forte visibilità. Un'impresa che ricorda molto quelle della New Hollywood, epoca in cui un giovane Sylvester Stallone riusciva a farsi produrre la sceneggiatura di Rocky, o un George Lucas poteva ottenere il denaro necessario per imbastire la spettacolare produzione di Star Wars. Oggi difficilmente gli studios puntano sugli sconosciuti con questa sicurezza, anche se in effetti il film di Parker coglie lo zeitgeist con enorme precisione.
 
La scelta del titolo non è casuale: The Birth of a Nation (Nascita di una nazione) era anche uno storico film di D.W. Griffith, considerato tecnicamente come uno dei capisaldi del cinema, ma molto controverso nei contenuti. Griffith vi rappresentò positivamente il Ku Klux Klan, ponendo dunque la supremazia bianca alle fondamenta della nazione americana. L'opera scatenò diverse proteste anche all'epoca e, oggi, Parker si “riappropria” del titolo per raccontare l'altra faccia di quell'era violenta e cupa. “Il film di Griffith è fortemente basato sulla propaganda razzista, che evocava paura e disperazione come strumento per solidificare la supremazia bianca come linfa vitale dell'America – ha dichiarato il regista alla rivista Filmmaker – Non solo il film motivò la rinascita del Ku Klux Klan e la carneficina inflitta alla gente di origine africana, ma servì anche da elemento fondante dell'industria cinematografica come la conosciamo oggi. Mi sono riappropriato del titolo e l'ho riutilizzato come strumento per sfidare il razzismo e la supremazia bianca in America, per ispirare la ribellione verso ogni ingiustizia in questo paese (e all'estero) e per promuovere il genere di confronto onesto che stimolerà la nostra società alla guarigione e a un cambiamento sistemico”.
 
Naturalmente, questo sarà solo un primo passo. Perché, per dimostrare che non si tratterà solamente di una mossa per zittire i propri critici, l'Academy dovrà dare seguito alla (probabile) vittoria di The Birth of a Nation coltivando una maggiore diversificazione dei propri iscritti (cosa che sta già facendo). Anche se le vere colpe vanno attribuite all'industria di Hollywood, come suggerisce giustamente Parker: non ci sono abbastanza ruoli per persone di etnie diverse da quella bianca, in special modo per le donne. È un momento cruciale, ma non bisogna mai dimenticare che le nomination “troppo bianche” non sono il problema, se mai sono il sintomo di un problema più grande da affrontare uniti.
 
Tra gli altri premi assegnati al Sundance, segnaliamo il gran premio della giuria per i documentari a Weiner, storia del ritorno in politica del deputato democratico Anthony Weiner dopo lo scandalo sessuale che lo costrinse a lasciare il Congresso; il premio alla regia di un documentario assegnato a Roger Ross Williams per Life, Animated, che racconta di un ragazzo affetto da autismo e della sua terapia a base di film Disney; il premio ai registi Daniel Scheinert e Daniel Kwan per Swiss Army Man (ne abbiamo parlato qui); il Sundance Institute Global Filmmaking Award per la sceneggiatura ai siciliani Antonio Piazza e Fabio Grassadonia per Sicilian Ghost Story; e infine il gran premio della giuria a un film straniero assegnato all’israeliano Sand Storm, che narra la vita delle donne in un villaggio beduino.
FILM E PERSONE